TORINO E LA CORSA ALL’AEROSPAZIO: LE SORTI DI UNA CITTÀ IN DECLINO FRA TENDENZA ALLA GUERRA E RISTRUTTURAZIONE EUROPEA

Il capoluogo piemontese in questi giorni ospita l’ VIII edizione dell’Aerospace & Defence Meeting (A&DM), una business convention internazionale per l’industria aeronautica, spaziale e della Difesa che viene tenuta ogni due anni. Poco si sa di questa fiera, per questo pensiamo sia utile provare a chiarirne alcuni aspetti anche alla luce delle manovre che il governo Draghi sta mettendo in campo.

Tra gli sponsor dell’A&DM, nonché principali espositori che occupano dal 30 novembre al 2 dicembre gli spazi espositivi dell’Oval di Lingotto si trovano più di 600 aziende operanti nel settore: oltre all’ormai noto patrocinio di Leonardo spa, i principali partner industriali sono Thales Alenia space, Avio Aero, Collins Aerospace, Boing International Corporation. Nei fatti, stiamo parlando di una biennale in cui, applauditi e accolti dai principali esponenti istituzionali e non (dal Presidente della regione Cirio, a Michela Favaro, la vice sindaca scelta da Lo Russo, passando ovviamente da esponenti della Camera di Commercio e di Confindustria), i colossi che producono armi a livello internazionale si possono incontrare con i loro acquirenti per uno dei mercati più profittevoli del mondo.

Facciamo una premessa: quando parliamo di industria dell’aerospazio e della difesa, ci addentriamo in una zona grigia, in cui non rientrano soltanto quelle scoperte che un po’ romanticamente associamo ai viaggi nello spazio, bensì tutta una serie di impieghi delle nuove tecnologie e di vantaggi tecnologici che possono rivelarsi strategici nella competizione internazionale. Basti pensare a quella che è stata la corsa allo spazio durante la Guerra Fredda, per capire che la produzione di missili e satelliti e la collezione di successi nelle missioni spaziali non è mai estemporanea a quello che è la contrapposizione fra due o più potenze in campo. Allora Usa e Unione Sovietica rappresentavano due modelli economici, sociali, politici e ideologici nettamente diversi e misuravano la propria egemonia anche a kilometri di distanza dal pianeta Terra. Oggi, in un mondo multipolare, a contendersi i cieli, troviamo invece altri soggetti che si stanno attrezzando da anni per ritagliarsi uno spazio sempre maggiore nella competizione internazionale, come dimostra il durissimo contenzioso tra Unione Europea e Stati Uniti sui dazi, innescato dalla competizione tra i giganti dell’aerospazio Boeing (americana) e Airbus (francese) che solo recentemente ha trovato una temporanea tregua con il Covid dopo diciassette anni.

Oltre a ciò, se a questi termini si aggiunge la “sicurezza per la salvaguardia di interessi nazionali’’, ecco che l’impiego di queste tecnologie si può tranquillamente estendere a tutto ciò che uno Stato intende per minaccia, sia interna che estera. Il tutto supportato da articolata e diversificata filiera produttiva che va da software di precisione ai velivoli da combattimento, con un largo impiego, negli ultimi anni, della cosiddetta tecnologia dual use (ovvero di quella tecnologia che può essere impiegata sia nel campo civile -motivo per cui trova un notevole sviluppo all’interno dei progetti di ricerca delle università- sia in quello militare – un po’ meno digerito dagli Atenei ma comunque presente sottotraccia nelle allettanti partnership con i colossi del settore). In questo senso Torino si riconferma uno dei principali centri dell’industria bellica italiana con le sedi di Alenia a Torino Caselle e a Collegno, ed una sede di Leonardo in Corso Francia: una “eccellenza” che necessita di una vetrina espositiva che l’A&DM da anni offre. Ma se fino a qualche anno fa la vocazione all’Aerospazio di Torino era stata espressa più timidamente, oggi i processi di ristrutturazione produttiva della città si sommano alla più generale ridefinizione dei settori strategici sui quali puntare a livello europeo.

Ne è un esempio la costruzione della cittadella dell’aerospazio, un progetto già espresso nell’ultimo Piano Regolatore ma sul quale in questi giorni il governatore leghista Cirio ha insistito più volte durante il convegno all’Oval affermando che con questa operazione Torino, dopo la sua vocazione per l’automobile, si candida a diventare «la sede dell’aerospazio con idee molto chiare». Si tratta di un progetto da 1,15 miliardi di euro, con sede tra corso Francia e corso Marche, che vede tra gli stakeholder Regione, Comune, Polito, Unito, Tne, Finpiemonte, Leonardo, Avio Aero, Altec, Thales Alenía. Nei fatti il progetto permetterà a multinazionali private specializzate nel fabbricare ordigni di morte di sfruttare conoscenza e risorse (intellettuali ed economiche) fornite dall’Università e dal Politecnico di Torino. La partecipazione e l’integrazione rivoltante degli Atenei torinesi alla filiera dell’industria bellica, non stupisce affatto se si pensa che nella biennale di due anni fa Unito e Polito avevano un’aerea dedicata in cui poter esporre i propri brevetti e che i dipartimenti di Fisica e Matematica hanno già presentato alle aziende coinvolte nel progetto della cittadella dell’aerospazio, due Master per il 2021-2022 con i quali l’Università intende avviare una stretta collaborazione con Thales Alenia Space, Altec, Leonardo, Avio Aero . Questi fatti ci riconfermano una volta di più l’urgenza di sbattere i privati fuori dai progetti di ricerca, a maggior ragione quando questi sono finalizzati alla produzione di ordigni mortali o di strumenti direttamente impiegabili dai gendarmi europei dell’Agenzia della guardia di costiera e di frontiera per respingere la “minaccia’’ migrante lungo i confini, come ci ha dimostrato il criminale accordo fra Politecnico e Frontex che sta facendo scalpore in queste settimane e che ha prodotto un forte malcontento fra la componente decente e studentesca.

Il tempismo con cui arriva questa fiera e la candidatura di Torino a città dell’aerospazio non sono per nulla casuali: infatti i fondi per la sua realizzazione sono inscritti per la quasi totalità nel Pnrr (qualcosa arriverà inoltre da fondi Ue, Cassa depositi e prestiti, Banca Europea per gli Investimenti, nonché da banche e privati) e le riforme che il Governo Draghi sta attuando per allinearsi a quelle che sono le indicazioni europee in materia di riorganizzazione produttiva, permettono al progetto della cittadella dell’aerospazio di inserirsi perfettamente nel solco del NGEU. Già nell’estate del 2020 il governo italiano aveva chiesto 12 miliardi a Bruxelles per finanziare il complesso militare-industriale e aerospaziale e realizzare i nuovi sistemi d’arma da destinare alle forze armate. In particolare nelle schede presentate dal MISE venivano citati elicotteri di nuova generazione (in risposta al programma statunitense FVL), aerei di sesta generazione (ipersonico, tempest), tecnologia sottomarina avanzata, tecnologia unmanned intersettoriale, I.A. (Intelligenza Artificiale, NdA), nave futura europea (green vessel), cyber ed elettronica avanzata, tecnologie spaziali e satellitari”.

Spazio, Difesa e Digitalizzazione sono state poi al centro degli ultimi meeting internazionali e degli incontri fra i paesi europei. Il Trattato del Quirinale firmato negli ultimi giorni fra Italia e Francia va anche verso un piano di “cooperazioni rafforzate’’ dove i due paesi intendono svolgere un ruolo di punta nelle nuove ambizioni dell’Unione Europea, in particolare dal punto di vista militare e tecnologico per contribuire allo sviluppo e al potenziamento della base industriale e tecnologica della difesa europea rafforzando « le rispettive industrie di sicurezza e di difesa» anche attraverso «alleanze strutturali» e «rafforzando la strategia spaziale europea». Un passo in avanti che l’Unione Europea deve fare se vuole costituirsi come polo imperialista capace di essere sempre più autonomo dal punto di vista militare e tecnologico, rafforzando, con ogni mezzo necessario, la propria proiezione in zone strategicamente rilevanti per l’acquisizione di materie prime (sia esso lo spazio o i paesi limitrofi). Un ruolo cardine lo giocheranno i “campioni europei” nella filiera dell’industria della morte come i nostrani Leonardo, Aero Avio o i francesi di Airbus che non hanno risentito per nulla della crisi economica del Covid e che anzi si preparano a ricevere il bottino dei fondi europei.

Insomma, l’Unione Europea chiama alla guerra e allo Spazio, Torino risponde.