PONZIO POLITO: SUGLI INGANNI DI FRONTEX E POLITECNICO
Ieri per la prima volta dopo tanto tempo il Politecnico di Torino ha conosciuto una giornata di mobilitazione partecipata e determinata che non si vedeva da tempo: più di 200 fra studenti, docenti e solidali si è radunata nel primo pomeriggio all’ingresso di Corso Duca degli Abruzzi con parole d’ordine chiare: stracciate gli accordi con Frontex.
Un risultato che non piove dal cielo ma che è il frutto di un lavoro di analisi e di agitazione che organizzazioni universitarie, docenti e solidali hanno portato avanti ormai da più di un mese, dopo che il progetto da 4 milioni è stato denunciato pubblicamente dal prof. Michele Lancione alzando l’attenzione a livello mediatico: a quegli articoli sono seguite iniziative sia nell’Università di Torino che al Politecnico (essendo il Dist dipartimento di Interateneo), assemblee partecipate sia negli atenei che negli spazi della città; è nato un gruppo di ricerca, sono stati prodotti dossier di analisi e di studio che avevano l’obiettivo di inchiodare l’Unione Europea e la sua Agenzia alle proprie responsabilità (qui puoi leggere il nostro opuscolo); si è tenuta alta l’attenzione anche con azioni di agitazione e sanzionamento, come il blitz nella sede centrale di Ithaca, società partecipata del Politecnico e di Compagnia di San Paolo che metterà a disposizione di Frontex le proprie tecnologie e laboratori nella produzione di mappe e infografiche anche al dettaglio con cui l’agenzia potrà portare avanti in maniera più accurata la “caccia al migrante” lungo i confini oppure rappresentare un’ illusoria invasione dando adito a una narrazione tossica e reazionaria. L’obiettivo del percorso era tenere alta l’attenzione finché questi accordi non fossero stati discussi anche negli organi centrali dell’Ateneo e così effettivamente è stato: il Politecnico è stato costretto a convocare un Seduta straordinaria del Senato accademico in concomitanza della quale è stato organizzato il partecipatissimo presidio di ieri di fronte al quale lo stesso Rettore Saracco ha dovuto prendere parola. Le titubanti dichiarazioni del Rettore tuttavia si sono fermate a riportare scuse burocratiche che ancora impedivano al Politecnico di Torino di recidere il contratto e che sembravano rimandare la responsabilità di questa scelta politica a soggetti terzi, come Commissioni Etiche che avrebbero potuto proporre un congelamento degli accordi. Il Rettore insomma prendeva tempo e alle incalzanti domande dei manifestanti ,nonché alla richiesta di prendere una posizione politica chiara, ha preferito abbandonare la piazza dicendo che avrebbe “protetto l’istituzione del Politecnico”. Da quello che è successo in seguito possiamo dire che Saracco è stato di parola e che effettivamente gli sporchi interessi economici del politecnico sono stati messi in salvo, anche grazie a un enorme dispiegamento di forze dell’ordine in tenuta antisommossa che ha letteralmente blindato diversi piani dell’edificio, spintonato gli studenti che cercavano di entrare nel cortile interno e di avvicinarsi al luogo della seduta del Senato.
Se è vero che la pressioni di queste settimane hanno avuto il merito di mettere alle strette l’amministrazione centrale del Politecnico provando a neutralizzare uno dei tanti contratti criminosi che questo polo di eccellenza ha siglato da tempo e obbligando il Rettore a convocare un Senato Straordinario, è altrettanto vero che la forza messa in campo non è ancora sufficiente per determinare le decisioni in quegli organi. La piazza pretendeva chiaramente la cessazione immediata di ogni accordo, una decisione avvallata anche da ricercatori e docenti disposti a rinunciare a quegli accordi sporchi di sangue. Ma quanto deciso nella Seduta è ben lontana da essere una vittoria: tanto per cominciare la mozione della cancellazione immediata degli accordi, appoggiata dalla piazza, è stata infine scartata e bocciata. In secondo luogo, fra le delibere in campo è passata quella più inefficace, vale a dire l’approvazione degli accordi con l’aggiunta di clausole di salvaguardia: si tratta di un provvedimento completamente inutile con il quale Politecnico da il via alla progetto di committenza e alla produzione delle cartine di cui Frontex ha bisogno purché Frontex rispetti i diritti umani e non le usi a scopi militari.
Il paradosso è evidente: da settimane infatti denunciamo come l’Agenzia europea della guardia di frontiera e costiera sia largamente finanziata dagli stati membri europei con lo scopo di respingere i migranti sui confini, e sia responsabile, direttamente e indirettamente (quando collabora con la cosiddetta Guardia Costiera Libica) di torture, violenze e morti. Quella del Politecnico quindi non è ingenuità, ma vera e propria ipocrisia da parte del polo e di chi lo dirige. Una decisione che hanno avuto il coraggio di spacciare come decisione all’insegna del rispetto dell’etica della ricerca pur di non fare i conti con la realtà, ovvero che il Polo di eccellenza di Torino è pronto a vendersi al miglior offerente pur di non perdere la partita nella competizione con le altre università. Se infatti gli accordi fossero stati congelati, in attesa del responso della Corte Europea, o cancellati, Frontex si sarebbe dovuta rivolgere alla seconda classificata e i 4 milioni sarebbero evaporati da Torino e dalle sue università. Una clausola così debole, facilmente rimpiazzabile, non è altro che fumo negli occhi o comunque una bella operazione per lavarsi la coscienza e deresponsabilizzare politicamente chi ha preso questa decisione.
Propendere per questa mozione è come chiedere a Frontex di non essere quello che è. Stiamo parlando di uno strumento di gestione violenta dei confini di cui l’Unione europea si è dotata per far fronte a flussi di migranti che lei stessa ha provocato e che non è in grado di gestire. È per questo,che quando parliamo di Frontex non possiamo non parlare della politica estera imperialista dell’UE e non possiamo pensare che quest’agenzia sia “una mela marcia” in mezzo a un mucchio di “sani” apparati europei: piuttosto è un’emanazione stessa dell’UE e del suo progetto sui confini e delle sue politiche in territori considerati strategici, ovvero quelli dei “confini di fuoco”.
Una politica imperialista che inizia con la destabilizzazione politica di interi paesi nei diversi quadranti del mondo (pensiamo a quello che è stato l’impegno ventennale delle truppe NATO in Afghanistan che hanno lasciato un paese in macerie in mano a quegli stessi terroristi che l’occidente ha contribuito a creare, oppure alla cruenta guerra civile in Libia dopo la caduta di Gheddafi per mano di americani e francesi o da ultimo al rinnovato intervento da parte di Italia e Francia nel Sahel) e termina con le violenze sui migranti, i profughi e i richiedenti asilo di quegli stessi paesi per mano di Frontex; un progetto che va analizzato, criticato e combattuto in tutte le sue implicazioni e che chiama in causa non solo il diritto a spostarsi liberamente da un paese all’altro, ma prima di tutto la possibilità di un popolo di rimanere nella propria terra, di autodeterminarsi e non essere costretto a fuggire da un futuro che è fatto solo di miseria, crisi e guerra.
La vicenda di Frontex e del Politecnico tuttavia ci parla anche di un altro aspetto, ovvero la tendenza che da un po’ di anni a questa parte, permea la ricerca: non solo la privatizzazione selvaggia di questo comparto che porta inesorabilmente alla sottomissione di questa a interessi tanto profittevoli quanto criminali, ma anche la piega preoccupante che sta prendendo nella città Torino come sul territorio nazionale. Nel capoluogo piemontese infatti, stiamo assistendo a una sempre più palese vocazione militare e bellicista della città con un riflesso nelle università: l’ultima prova di questo lo si ha avuto con l’Aerospace & Defence Meeting di inizio mese, durante il quale è stata presentata con insistenza la costruzione della cittadella dell’Aerospazio (un progetto da 1,15 miliardi che vedrà i colossi della difesa e della produzione di armi come Leonardo, Thales Alenia e Avio Aero lavorare fianco a fianco del Politecnico e dell’Università di Torino). A questo si aggiunge la già consolidata collaborazione di Politecnico e Leonardo nella progettazione di droni e di ricerca applicata all’intelligenza artificiale. Prima di questo Polito e Unito avevano fra le proprie “medaglie” l’ignobile collaborazione con il Politecnico israeliano del Technion di Haifa, responsabile della costruzioni di bulldozer e droni impiegati nell’occupazione del territorio palestinese per mano di Israele, collaborazioni inoltre che non riguardano soltanto Torino (sono decine infatti le università italiane che hanno stretto accordi con aziende implicate nell’industria militare).
Di fronte a questo scenario si impone la necessità di costruire una forza organizzata capace di tenere testa alle trasformazioni in atto nell’Università e che sia forza di rottura: le decisioni della Seduta del Senato Accademico di Polito (ma ne abbiamo avuto riprova anche a Unito nei mesi passati) indicano chiaramente che gli interessi dell’Amministrazione universitaria e quelli degli studenti e della comunità accademica sono del tutto inconciliabili e la mediazione e il dialogo si rivelano del tutto fallaci a meno che non ci si trovi ad avere i rapporti di forza sufficienti a fare pressioni affinché le istanze delle piazze arrivino fin dentro le stanze degli organi. Una sinergia che ieri chiaramente non si è creata dal momento che le stesse rappresentanze studentesche impegnate nella discussione non hanno minimamente aiutato il presidio, arrivando, nel caso delle Associazioni dei Dottorandi, a dissociarsi dagli studenti che sono entrati in cortile forzando il cordone di polizia, non volendo essere costretti a esporre le proprie ragioni sull’uscio dell’Università, come se fossero estranei all’Ateneo. Una mossa che ha indebolito la proposta della piazza facendo passare gli studenti che erano in seduta come un corpo estraneo rispetto alla piazza stessa.
Per costruire questa forza bisogna continuare a mobilitarsi e fare controinformazione non solo a Torino: di questi accordi ne esistono tantissimi in numerosi atenei sul territorio nazionale che devono essere portati alla luce e smascherati. Anche per questo nei prossimi giorni ci saranno mobilitazioni e iniziative nel resto del paese: se è vero che il Politecnico ha alla fine deciso di approvare questa committenza, è altrettanto vero che l’eco della mobilitazione a Torino non rimarrà inascoltata.