LA DINAMICA MARCESCENTE DELL’IMPERIALISMO: UNA COMPETIZIONE CHE DIVENTA GUERRA, UN’IMMIGRAZIONE CHE DIVENTA GENOCIDIO.

In pochi giorni, ai margini delle roccaforti imperialiste dell’occidente, si sono consumate due delle più grosse stragi di migranti degli ultimi decenni su terraferma: a San Antonio, in Texas, cinquanta morti e una decina di feriti sono stati ritrovati in un imprigionati dentro un camion abbandonato, durante giornate che hanno superato i 40 gradi di temperatura; nel mentre, lungo il muro di Melilla, l’enclave spagnola in Marocco e unico canale di collegamento via terra fra Africa ed Europa, 37 migranti sono morti durante un tentativo di superare i doppi muri di filo spinato del confine, mentre la polizia massacrava con manganelli, lanciava gas lacrimogeni e pietre per non far superare il confine ai duemila migranti che provavano a superare il confine. Questo tentativo è il secondo in pochi giorni, dopo un primo che ha visto altri 400 migranti tentare la stessa sorte. Il tutto avviene nella cornice del vertice NATO che in questi giorni si sta tenendo a Madrid, dove il clima da nuova guerra fredda fa da padrone alle misure e alle decisioni che in questi giorni si prenderanno – tra cui quelle già annunciate di un aumento degli armamenti e dei soldati in Europa sul confine orientale.

Il caso degli Stati Uniti: 

Negli Stati Uniti dopo la costruzione del muro di Trump al confine col Messico, e dopo aver bloccato il progetto per questioni meramente finanziarie, anche sotto l’amministrazione Biden le stragi continuano: dietro la maschera buona di chi butta giù i muri, l’amministrazione dei democratici ha sguinzagliato guardie private, servizi federali e ha tollerato in un silenzio omertoso anche suprematisti bianchi americani che nei confini messicani si sono messi a fare la guardia a cavallo dove mancavano pezzi di muro. Una vera rete di cowboy, istituzionale e non, pronta a sparare a vista al primo messicano che prova a raggiungere la terra promessa. Una rappresentazione plastica del sogno americano, ormai fatto da stragi e morti seminati per il paese: un vero e proprio massacro della popolazione, che culmina con gli Yankee esaltati che provano assalti al campidoglio, ma che arriva anche alle ripetute stragi di suprematisti che avvengono in tutto il paese. Tutto questo è il prodotto di una delle tante contraddizioni irrisolte di un imperialismo americano strutturalmente in crisi: al suo interno con la disoccupazione, l’inflazione e l’impoverimento generalizzato della popolazione insieme alle annose questioni del razzismo e dei diritti civili nel loro complesso; verso l’esterno rilanciando un avventurismo militarista e tentando di rafforzare lo strumento NATO, come la vicenda della guerra in Ucraina e le ingerenze statunitensi per bloccare ogni accordo possibile di pace stanno lì a dimostrare. 

L’immigrazione per l’imperialismo Europeo:  

Non fa differenza, però, nemmeno l’imperialismo nostrano in costruzione, quello dell’Unione Europea, che ha fatto della militarizzazione e del controllo dei propri confini uno degli asset centrali. Da una parte l’establishment europeo ha provato a costruire una narrazione ideologica dell’Europa multiculturale dove il futuro era alla portata di tutti, dall’altro lato non si è fatto problemi sia a sfruttare la manodopera migrante, soprattutto nei paesi del sud e dell’est Europa, facendola lavorare in condizioni di schiavitù pur di avere prodotti competitivi sui mercati globali, sia a rendere i propri confini delle vere e proprie fosse comuni a cielo aperto. Infatti, il rafforzamento del polo imperialista europeo è passato negli anni da una precisa politica neocoloniale con la conseguente necessità della gestione e del controllo forzato della migrazione, sia dai paesi d’origine sia ai confini. Tutte quelle persone, poi, che provavano l’assalto all’Europa delle possibilità, ricevevano un trattamento adeguato e una precisa collocazione nel mondo della produzione europea: la filiera agricola e della logistica, per fare esempi presenti nel nostro paese, accolgono una percentuale altissima di manodopera migrante ipersfruttata. La condizione a cui sono esposti è quella che due giorni fa ha assassinato Yusupha Joof, 35 anni, un bracciante gambiano, bruciato vivo nella sua capanna.

Le strategie di controllo delle migrazioni: 

L’influenza Europea nelle zone del Sahel e in diverse zone dell’Africa impone un’organizzazione produttiva necessaria alle sue multinazionali di riferimento, sfruttando senza limiti la manodopera del posto e distruggendo tutto il territorio. A questo si aggiunge l’addestramento per le truppe degli eserciti locali e lo stanziamento di militari in diversi territori dell’Africa, insieme al rafforzamento di un’elité in ciascuno stato che tuteli gli interessi economici dominanti. Queste mire neo-coloniali interessano, nel solo territorio africano, 1/5 dei paesi d’origine dell’emigrazione: altre parti del mondo, però, sono coinvolte, come il Medioriente, o alcune zone dell’America Latina e dell’Asia. Oltre alle milizie e all’esercito negli stati sotto il controllo diretto delle multinazionali europee, l’Unione Europea ha prodotto un’originalissima politica dell’immigrazione: diversi sono gli stati cuscinetto, dalla Polonia, fino alla Libia e al Marocco, a cui viene delegato il compito di gendarmi. La strage di Melilla è sicuramente esempio della rigidità imposta ai confini dell’Unione per il controllo dei flussi migratori, ma altri sono esempi famosi come i lager in Libia appoggiati dai diversi governi italiani che si sono succeduti. Non sono solo gli Stati al confine, però, che hanno questo compito: una fitta rete di agenzie private, più o meno direttamente collegate con l’apparato militare industriale europeo, gestiscono direttamente il controllo poliziesco ai confini, con la violenza e il filo spinato. Fra queste Agenzie la più importante è sicuramente FRONTEX, che negli anni ha acquisito un ruolo centrale sia nel confine orientale che nel mediterraneo, distinguendosi nel portare a termine il suo compito. A questi fitti controlli corrispondono più di un migliaio di km di recinzioni in via di ampliamento.

Saldare la lotta fra giovani e migranti contro l’imperialismo: 

È chiaro, quindi, come l’immigrazione forzata sia un prodotto strutturale di questo sistema, che ha fatto della guerra e della devastazione del nostro pianeta due pilastri centrali per la sua crescita. Un sistema che produce aree di sottosviluppo per accaparrarsi risorse e merci competitive, lasciando interi paesi ad un completo stato di subalternità. Per questo motivo la lotta antimperialista diventa per oggi centrale, a partire dalla lotta serrata contro l’imperialismo europeo in costruzione e quello della NATO. Su questo sentiero tracciato, è importante rinsaldare le lotte con tutto quel tessuto migrante che con la nostra generazione condivide un futuro senza prospettive: tutti quei lavoratori che sono nella logistica, nei settori dell’agricoltura e in tutta quella catena del valore che individua una nuova classe operaia che in questi mesi si è mobilitata contro il governo, contro il carovita e contro la guerra fianco a fianco con gli studenti. Ricomporre la catena di tutti gli sfruttati, dai paesi del sud del mondo fino al nostro paese, dove le condizioni vissute e le aspettative tradite sono le stesse: per questo appoggiamo lo sciopero generale autunnale che è stato lanciato dall’Unione Sindacale di Base!