POLIMENI SCARICABARILE PROFESSIONISTA!

Non stiamo ‘attraversando insieme confini’, stiamo distruggendo il futuro. LA LOTTA CONTINUA! 

  • Venerdì 4 Novembre giornata di mobilitazione in Sapienza 
  • Venerdì 18 Novembre mobilitazione nazionale studentesca e universitaria

L’altro ieri la rettrice Polimeni ha rilasciato un’intervista a La Repubblica, degnandosi finalmente di dare una risposta pubblica dopo le mobilitazioni degli studenti dell’ultima settimana. 

Interessante notare le modalità che la Magnifica Rettrice ha scelto di utilizzare per esporsi nonostante i numerosi inviti: prima si rifiuta di parlare agli studenti che, con un partecipatissimo corteo in risposta alle manganellate ricevute alla facoltà di Scienze Politiche, raggiungono il rettorato, poi inizia lo scaricabarile. In una nota a tutta la comunità studentesca dichiara di non avere responsabilità riguardo l’intervento delle forze dell’ordine. Successivamente, durante le prime ore di occupazione si preoccupa solo di contattare i giornali per negare lo stato di occupazione dichiarato dagli studenti, tentando inutilmente di dipingere la situazione come sotto controllo, e poi, l’altro ieri raggiungiamo l’apice con l’ultima intervista rilasciata ad una testata giornalistica, guarda caso, prossima alle sue posizioni politiche e sicuramente più “comoda” rispetto ad assumersi le proprie responsabilità direttamente davanti agli studenti dell’Università di cui è rettrice.

Nella lunga intervista lei stessa dichiara nuovamente di non voler assumersi tali responsabilità, scegliendo di non dimettersi nonostante abbia permesso le violenze delle forze dell’ordine su noi studenti che ci eravamo riuniti nel cortile di Scienze politiche con intenti pacifici a volto scoperto e “a mani nude” di fronte alla prepotenza della polizia. Le mobilitazioni che in questo mese hanno coinvolto centinaia di studenti, dagli scioperi contro le aule sovraffollate, passando per le contestazioni ad eventi con esponenti reazionari come Simone Pillon fino ad arrivare al presidio contro la presenza di Capezzone e Fratelli d’Italia e il corteo verso il rettorato, ed in ultimo, l’occupazione della facoltà di Scienze Politiche, rappresentano il seme di un nuovo fermento universitario e giovanile. Il filo rosso che unisce tutte queste proteste è la messa in discussione dell’intero modello universitario e di alta formazione, criticato da diversi punti di vista:

  1. La perdita della funzione di emancipazione economica, sociale e culturale della filiera dell’alta formazione, in favore di un’Università escludente, di selezione interna della forza-lavoro utile e di laboratorio di tenuta ideologica sulle nuove generazioni in nome e per conto di un capitalismo occidentale in crisi non solo economica ma anche ambientale, valoriale e di prospettiva.
  2. Le problematiche sociali ed economiche interne alla stessa componente studentesca conseguenti al punto 1, a partire dall’elevato costo degli studi tra tasse, libri e materiali, trasporti, pasti, affitti e bollette, ma anche la sensazione di precarietà, ansia e disagio psicologico. Il tema delle priorità negli investimenti economici pubblici dirottati verso i settori strategici dell’industria bellica e dell’high-tech piuttosto che verso il diritto allo studio ne è un esempio lampante.
  3. La progressiva adozione da parte degli organi universitari di un’organizzazione interna di stampo aziendale (la formazione del CdA, governance, stakeholder etc.) e, dunque, la riduzione degli spazi democratici e dell’agibilità politica, schiacciati sugli strumenti della rappresentanza studentesca non solo insufficienti nel contesto attuale ma di fatto diventati trampolino di lancio per studenti in cerca di carriera individuale e visibilità tutta personale.

Fino all’occupazione di Scienze Politiche, la rettrice aveva di fatto trattato tutte le problematiche sollevate dagli studenti come questioni meramente tecnico-burocratiche e di ‘malagestione’, e ha continuato ad affermare che l’attuale governance rappresentasse al contrario una svolta progressista e d’avanguardia, con il sostegno continuo e scontato delle associazioni studentesche a lei vicine come Sapienza in Movimento. In sostanza, Antonella Polimeni ha sempre evitato di rispondere sulle responsabilità politiche che detiene come rettrice dell’università più grande d’Europa, avallando nei fatti un modello universitario ben preciso

Procediamo ora per punti, seguendo l’ordine delle dichiarazioni rilasciate nell’intervista dalla Rettrice:

  1. sull’occupazione della facoltà di Scienze Politiche: per quanto riguarda l’intervento delle forze dell’ordine, la Rettrice si impegna in una descrizione degli eventi alquanto discutibile, sceglie di non dissociarsi dall’operato della Questura e nega di avere delle responsabilità in merito, dimenticandosi che come Rettrice è in suo potere intervenire per fermare tali atti, così come contro la presenza di un presidio fisso della Polizia all’interno dell’Ateneo;
  2. sulle (legittime) manifestazioni degli studenti: la rettrice dice di essere “impegnata a favorire il ritorno alle normali modalità del confronto democratico”. Viene naturale chiedersi quale modello democratico abbia in mente: se quello in cui il diritto di organizzarsi e manifestare il dissenso è garantito sempre, o quello in cui pochi eletti (e con una bassissima partecipazione al voto) sono costretti a confrontarsi con le istituzioni a porte chiuse, senza promuovere una maggiore attivazione studentesca;
  3. sulle iniziative politiche negate in Sapienza (in particolare sui temi della liberazione del popolo palestinese e di quello curdo): innanzitutto è assurdo (e falso da regolamento) che per poter organizzare dei momenti di dibattito si debba passare necessariamente tramite le associazioni studentesche iscritte all’albo. Infatti, ogni studente e ogni studentessa ha il diritto di proporre ed organizzare iniziative, assemblee e dibattiti all’interno degli spazi universitari. Inoltre, si svela l’ipocrisia di un’istituzione che usa i concetti di “neutralità” e “pluralità delle idee” arbitrariamente e solo quando è comodo, dimostrando che entrambe le iniziative citate sono state bloccate per una presa di posizione politica, problema che non si applica invece quando la Rettrice si congratula con l’ascesa al governo di Giorgia Meloni e autorizza convegni con esponenti di Fratelli d’Italia;
  4. sul cosiddetto ‘empowerment femminile’ e le congratulazioni della rettrice a Giorgia Meloni, in quanto “donna che ce l’ha fatta”: ci fa a dir poco rabbrividire vedere come venga snaturato il concetto di emancipazione femminile, a favore di una visione che vuole più donne al potere, più donne ‘patriarche’ dirette responsabili delle politiche di massacro sociale, di sfruttamento, di limitazione di diritti sociali e civili e di repressione;
  5. sui fondi all’università pubblica e il concetto di merito: parlare di crescita del FFO e di valorizzare il merito individuale come “richiesta a ciascun individuo di dare il proprio meglio” significa far finta di dimenticare decenni di tagli bipartisan all’istruzione pubblica e di riforme che hanno costruito un’università escludente, elitaria, opprimente, ridotta a esamificio. Questo nuovo governo, come emerge già dalle prime dichiarazioni pubbliche, non farà che esasperare le problematiche generate dai governi precedenti e, più in generale, da un modello di sviluppo sociale ed economico marcio dalle fondamenta. Qualsiasi ipotesi di riscatto individuale dentro questo sistema può solo tradursi in una maggiore selezione di classe e non nella propagandata “crescita collettiva”. 

Come studenti e studentesse che hanno animato le proteste dell’ultimo mese crediamo che, in una fase storica caratterizzata da guerra, maggiore sfruttamento, aumento della povertà e in cui il sistema formativo non rappresenta più uno strumento di emancipazione sociale e culturale, l’unica risposta sia promuovere una maggiore attivazione e partecipazione studentesca, contribuendo con la lotta e il conflitto politico all’apertura di maggiori spazi democratici dentro l’Università e nella società. Le mobilitazioni del 4 Novembre in Sapienza e la mobilitazione nazionale universitaria e studentesca del 18 Novembre saranno le occasioni di rilancio della voce di una generazione che, dalle scuole alle università, vuole riscattarsi da un futuro senza prospettive.