100 ANNI DALLA FONDAZIONE DELL’UNIONE SOVIETICA

Il 30 dicembre del 1922 nasceva l’Unione delle Repubbliche Socialiste Sovietiche. Dopo la rottura rivoluzionaria e la prese del potere del ’17 e dopo quattro anni di guerra civile contro le forze padronali e reazionarie, sostenute e ingrossate direttamente dai capitalismi occidentali, si affermava il primo esperimento nella storia dell’umanità di costruzione di una società socialista, di transizione verso il comunismo.

Un compito immane e inedito con cui la classe organizzata si assumeva il ruolo storico di rompere e sostituire il modo di produzione capitalista portando avanti il processo rivoluzionario iniziato nel 1917 fuori e contro la crisi del capitalismo e della competizione inter-imperialistica che si era “risolta” nell’esplosione della Prima guerra mondiale.

Quell’esperimento, nell’avversità della reazione mondiale e dell’arretratezza economica e tecnologica di partenza ereditata dallo zarismo, è durato per quasi settant’anni – pensiamo solo, invece, ai secoli e alla varietà infinita e parziale di esperimenti impiegati dalla borghesia per affermarsi e poi sostituire il modo di produzione feudale – ponendosi alla testa, e ispirando e sostenendo, il blocco socialista e il movimento di classe internazionale nel corso del Novecento.

in pochi decenni l’URSS attraverso la pianificazione e la collettivizzazione socialista ha saputo eguagliare il livello di sviluppo industriale, scientifico e tecnologico raggiunto dal capitalismo nelle sue forme più avanzate, emancipando milioni di persone dalla miseria e dalla discriminazione di razza e di genere. Ha sconfitto, lasciando sul campo milioni di morti, il nazifascismo, accettato e coltivato fino allo scoppio della Seconda guerra mondiale dalle democrazie occidentali proprio in chiave anti-comunista e anti-sovietica. E’ stata elemento di garanzia contro l’esplosione di un conflitto atomico durante la guerra fredda, e vediamo oggi come nel conflitto internazionale tra soggetti capitalisti sia stato, invece, sdoganato l’avventurismo più irrazionale anche sulla possibilità dell’utilizzo delle armi nucleari. L’Unione Sovietica si è affermata come opzione alternativa praticabile al capitalismo, terrorizzando le borghesie di tutto il mondo e innescando una competizione al rialzo sulle capacità di sviluppo delle forze produttive che, alzando il livello dello scontro, ha spinto in avanti la storia e costretto lo stesso capitale al salto produttivo e tecnologico delle forze produttive per come le conosciamo oggi – prodotto proprio della competizione con l’URSS con la cui caduta si voleva invece finita la storia – e che palesano in maniera sempre più evidente nella crisi attuale la contraddizione con questi rapporti sociali di produzione.

L’URSS è stata l’alternativa prima sognata e poi realizzata alla barbarie dell’imperialismo, svolgendo una funzione di tenuta, difesa e avanzamento generale per le classi subalterne e le lotte antimperialiste di tutto il mondo, dalle rivoluzioni socialiste, ai processi di decolonizzazione, alle lotte e alle conquiste dei lavoratori degli stessi paesi imperialisti.

Quella funzione concreta esercitata dall’URSS per gran parte del Novecento – anche solo per il fatto di esistere come società alternativa a quella capitalista – la verifichiamo proprio oggi che non c’è più negli effetti prodotti dalla mondializzazione neoliberista degli ultimi trent’anni. La verifichiamo nella crisi di carattere sistemico in cui siamo immersi da un decennio, nell’arretramento nei diritti e nelle condizioni dei lavoratori dell’Occidente, nella crisi di prospettive permanente della nostra generazione, nell’infarto ecologico, in decine e decine di guerra predatorie, di guerre civili e intestine alimentati per procura dall’imperialismo in ogni parte del mondo – soffiando sul fuoco dei peggiori istinti nazionalisti e reazionari, pensiamo proprio ai paesi dell’ex blocco sovietico – e nella tendenza strutturale alla guerra che oggi esplode nel conflitto ucraino voluto dalla NATO contro la Russia capitalista di Putin (Russia prodotta e sostenuta proprio dall’Occidente sulle macerie dell’URSS) e che apre a scenari potenzialmente incontrollabili che rischiano di trascinare nel baratro di una guerra nucleare l’umanità intera.

Non è un caso che siano gli apparati ideologici delle classi dominanti che da trent’anni, nonostante quell’esperienza sia stata sconfitta, ad essere ancora in guerra contro l’idea dell’Unione Sovietica, con uno scontro ideologico unilaterale e preventivo che ha sistematicamente demonizzato – ad esempio su tutti l’equiparazione tra nazismo e comunismo votata dal parlamento europeo nel 2019 – quello che l’URSS ha rappresentato, perché un assalto al cielo non si ripetesse più nel presente.

Mentre nel mondo comunista occidentale dal ’91 si è rineggata e liquidata con spiazzante disinvoltura quell’esperienza – assumendo le categorie del nemico di classe invece di fare i conti con il patrimonio e con le contraddizioni e i nodi teorici che ci ha lasciato irrisolti, da comprendere e analizzare per mettere in campo oggi una prospettiva comunista adeguata al presente – proprio ciò che l’URSS ha rappresentato è ancora il peggior incubo delle classi dominanti. E contro quella rappresentazione si scagliano con ancora maggior forza nello scenario di crisi attuale, consapevoli di non star colpendo il fantasma di un nemico sconfitto, ma l’idea di una società alternativa possibile e necessaria alla barbarie del presente.

E’ a quell’idea di alternativa che guardiamo, senza inutili e fuorvianti nostalgie per un’esperienza storicamente determinata e finita da più di trent’anni. Un’idea che oggi vive concretamente in Cuba e nei variegati processi di transizione socialista, emancipazione dall’imperialismo e lotta di classe che attraversano l’America Latina e non solo. Per costruire alle nostre latitudini e nel presente concreto che viviamo un’ipotesi comunista adeguata al presente e una prospettiva concreta di alternativa alla barbarie capitalista.