ALLA RADICE DEL PROBLEMA. Verso lo sciopero globale per il clima del 3 marzo!

Ciclo di iniziative universitarie nel mese di febbraio a Torino, Milano, Genova, Bologna, Pisa, Roma, Napoli e Bari contro la crisi climatica e la repressione dei movimenti ambientalisti, verso lo sciopero globale per il clima del 3 marzo!

Nuovo anno, nuove sfide. Il 2023 si apre con l’arresto degli attivisti di Ultima Generazione in seguito all’azione dimostrativa di imbrattamento al Senato e l’udienza di uno degli attivisti per la sorveglianza speciale, mentre il governo Meloni, con la solidarietà di tutte le altre forze politiche parlamentari, si stringeva in cordoglio attorno al fascista La Russa, criminalizzando la protesta dei giovani attivisti e legittimando la riposta repressiva. Intanto sulla stessa falsa riga si muovono i governi degli altri paesi europei, dalla Gran Bretagna, dove all’inizio della campagna Just Stop Oil nello scorso aprile si contano 2mila arresti e 24 persone incarcerate, fino a Lützerath, in Germania, dove proprio in questi giorni il governo tedesco sta schierando eserciti polizieschi per sbaragliare la resistenza di 10mila attivisti per continuare l’opera di ampliamento di una miniera di carbone nel piccolo paese, mettendo in campo un’azione di forza disastrosa dal punto di vista di credibilità politica rispetto alle politiche ambientali.

La crisi delle classi dirigenti europee e la loro incapacità di rappresentare in alcun modo una generazione che sta letteralmente andando in fiamme è lampante. Ma non ci stupisce la cecità colpevole di fronte all’imminente catastrofe ambientale, né tantomeno la sproporzione delle misure messe in campo, da parte di chi sostiene e incoraggia questo un modello di sviluppo ecocida con tentativi sempre più affannosi per occultarne le responsabilità.

Le nostre università, attraverso accordi con industrie belliche, aziende e multinazionali inquinanti come ad esempio Eni, Enel, Telt, sono diventate un ingranaggio sempre più importante dei meccanismi di oppressione e devastazione dell’Unione Europea. Contribuendo e legittimando ideologicamente la corsa all’ipercompetizione globale le cui conseguenze sono guerra, miseria e devastazione ambientale.

Ma i fatti hanno la testa dura, e l’ossimoro dell’ambientalismo capitalista è ormai una realtà sotto gli occhi di tutti: se già con la proposta del ritorno all’energia da fissione nucleare per creare una propria autonomia energetica l’Europa aveva fatto cadere la maschera ambientalista, lo scoppio della guerra e l’immediato ritorno al gas e al carbone ha palesato definitivamente le reali priorità del blocco euroatlantico, ovvero la guerra a tutti i costi contro la Russia e il blocco euroasiatico.

L’Italia rimane fedele alla linea sovranazionale, e dopo il passaggio di testimone Cingolani-Fratin (Forza Italia) e gli accordi di quest’estate con Qatar e Tunisia per ridurre la dipendenza energetica della Russia, sono tornati in scena i rigrassificatori, con la promessa del ministero dell’Ambiente di costruirne quattro entro il 2023. Intanto i prezzi del carburante ritornano a salire strozzando le fasce popolari del paese, ulteriormente indebolite dalla corrosione dell’unica e insufficiente misura di sostegno alla povertà, il reddito di cittadinanza, primo nemico del governo Meloni, confindustria e intellettuali di regime.

Il modo di produzione capitalista e la sua tendenza intrinseca alla guerra, lo sfruttamento e alla devastazione ambientale è irriformabile, la Cop26 di Glasgow nel 2021 e quella svoltasi a novembre a Sharm el-Sheikh in Egitto, senza contare la presidenza del ministro/petroliere Sultan Ahmed Al Jaber alla prossima COP25 di Dubai 2023, confermano l’incapacità dei leader occidentali di voler mettere sul piatto soluzioni radicali che invertano il senso di marcia. Nel contesto attuale di scompaginamento degli equilibri internazionali, con il tramonto definitivo del mondo unipolare a guida statunitense e la fine dello stallo tra blocchi imperialisti, spicca un nuovo soggetto che si candida a rappresentare il faro di un’umanità in caduta libera sul piano inclinato del capitale: l’America Latina.

Con l’elezione di Petro e Francia Marquez in Colombia e l’insediamento di Lula in Brasile, la mappa politica della Nuestra America si sta ridisegnando insieme a nuovi progetti di carattere ambientale che mostrano una via alternativa al modello predatorio, distruttivo e irreversibile del mercato. Dopo la dichiarazione congiunta di Colombia e Venezuela, che ha posto tra i punti principali la protezione dell’Amazzonia e il cambiamento climatico, il leader del Venezuela ha portato di fronte ai vertici mondiali della Cop27 le parole di Fidel Castro e Chavez:

“ogni sforzo che faremo per alleviare le conseguenze di questo disastro ambientale sarà inutile, come lo è stato fino ad ora, se non avremo il coraggio di riconoscere che la causa del disastro che sta arrivando è il capitalismo consumistico, il capitalismo vorace, predatore e distruttivo. [..] Un sistema che normalizza lo sfruttamento tra gli esseri umani non ha le condizioni etiche per rispettare altre forme di esistenza. Il capitalismo vede le risorse dove altre culture vedono la vita e il sacro, e quindi si sente autorizzato a possedere e distruggere tutto ciò che incontra sul suo cammino per l’accumulazione di capitale”.

Siamo giunti a un bivio esistenziale: accettare i pochi, retorici e inutili sforzi di autoriforma del sistema in attesa della catastrofe, o organizzarci per contribuire a scardinare la stabilità precaria del blocco euroatlantico, guardando ai modelli progressisti che oggi stanno mettendo in campo un’alternativa reale e vincente.

La manifestazione contro il nucleare a Caorso del marzo scorso, il corteo a Coltano contro le basi militari a giugno, il Global Strike del 22 settembre, i cortei e i presidi dei movimenti NO TAV e NO MUOS, il convegno e le mobilitazioni a Piombino contro il rigrassificatore, e infine la manifestazione nazionale del 3 dicembre, sono solo alcune delle tappe a cui abbiamo partecipato come organizzazione giovanile e che hanno marcato la presenza determinata di una generazione pronta al contrattacco e che tornerà a riempire le strade in prossimo 3 marzo.

Contro la crisi climatica e la repressione dei movimenti ambientalisti, costruiamo l’alternativa!