UN ALTRO MONDO (R)ESISTE!

In sostegno alla campagna “Con l’America Latina e contro i suoi nemici!” promossa dalla Rete dei Comunisti

L’attuale contesto globale di crisi di prospettive generalizzata, soprattutto per la nostra generazione tradita, è un contesto generato dall’esplosione delle contraddizioni interne al modo di produzione capitalistico in crisi: dalla crisi ambientale che ormai ha raggiunto il punto limite, all’inflazione in crescita vertiginosa di pari passo alle disparità sociali e alla repressione del dissenso, oltre al ritorno dello spettro fascista in difesa degli ideali neoliberali, i numerosi teatri di guerra e tensioni con l’inquietante spettro di una possibile terza guerra mondiale, lo sfruttamento delle periferie economiche da parte dei paesi occidentali, i neocolonialismi e imperialismi.

In questo contesto è l’America latina a dare l’esempio di processo di sganciamento e rottura dall’imperialismo euro-atlantico e a offrirci gli strumenti per orientare l’azione concreta nella realtà per la costruzione del socialismo del XXI secolo anche alle nostre latitudini. Aderiamo e condividiamo la campagna della Rete dei comunisti “Con l’America Latina e contro i suoi nemici”.

L’America Latina vede al suo interno numerosi esempi di lotta rivoluzionaria e di percorsi progressisti in Paesi che lavorano e lottano per liberarsi dalle catene imposte dall’imperialismo. Le varie tornate elettorali nel Nicaragua sandinista, nel Venezuela bolivariano, in Perù con Castillo, sebbene destituito a dicembre da un colpo di stato, l’Honduras con la vittoria della Castro, le vittorie in Cile e la più recente di Lula in Brasile, per quanto ancora fortemente ostacolate dagli interessi dei paesi dominanti, rivelano la possibilità di un cambio di rotta, e un’enorme speranza per il futuro.

Questi paesi rivelano la possibilità di rompere la gabbia dell’imperialismo per dare finalmente forma alla prospettiva dei popoli, per portare a compimento un processo rivoluzionario che dalla conquista di diritti sociali e politici da sempre negati può arrivare a sovvertire i rapporti economici e di forza tra le classi, un processo rivoluzionario che miri a prendere il potere.

Nel tentativo di svincolarsi dalle politiche neoliberiste che per decenni gli USA hanno imposto a forza di destabilizzazioni, brogli elettorali, attentati e colpi di Stato, e il Perù ne è l’ultimo amaro esempio, spalleggiati da oligarchie locali o classi politiche corrotte, alcuni Paesi latinoamericani sono stati capaci di sperimentare, gli uni con gli altri o con Paesi terzi, forme di cooperazione economica adatte non ricadere nel giogo della subordinazione all’imperialismo statunitense. In un mondo multipolare in cui le ormai affermate economie di Cina e Russia non riescono più ad essere contenute dall’occidente con gli strumenti del passato.

Le giovani generazioni e le organizzazioni giovanili sono state la spinta propulsiva di questi processi rivoluzionari, essenziali nel dare direzione politica e incisività alle diverse lotte delle classi subalterne, raccogliendole sotto il segno unitario del cambiamento radicale. I giovani condannati a vivere in un mondo in profonda crisi, che non gli offre alcuna prospettiva di futuro hanno le potenzialità per prendere coscienza delle cause di tutto ciò. Per comprendere cioè la natura sistemica delle contraddizioni che subiscono, per comprendere che il sistema capitalistico, l’imperialismo, devono essere abbattuti e superati. Le potenzialità per dare quindi vita ad un movimento rivoluzionario che sappia organizzare la rabbia collettiva, e utilizzarla come spinta verso la costruzione di un’alternativa di sistema. Un processo difficile certo, e imperfetto, perché sempre costretto a fare i conti con la realtà concreta, con gli ostacoli che essa presenta e con le scelte che impone. Un processo che però è anche necessario, e quanto mai urgente.

In Cile nel 2019 le contraddizioni sociali accumulatesi nei trent’anni passati dalla fine della dittatura sono esplose. È accaduto proprio su spinta del movimento studentesco, messosi in moto inizialmente in protesta contro il rincaro dei biglietti della metropolitana di Santiago del Cile, e allargatosi poi a protesta generalizzata contro le politiche di svendita di tutti i settori statali ai privati e di smantellamento dello stato sociale, contro lo sfruttamento del patrimonio ambientale, e contro il presidente Piñera. I giovani, seppure esentati dal pagare le tariffe sui mezzi pubblici, hanno compreso la questione del rincaro su un piano più ampio di vessazioni sociali, e assunto un ruolo di avanguardia alla testa della rivolta popolare dell’Estallido social, dando voce a chi non aveva il coraggio o le condizioni per farlo.

Una rivolta popolare che è arrivata a colpire tutti i centri nevralgici dell’economia nazionale quando i portuali di Valparaíso hanno chiamato lo sciopero generale, paralizzando l’economia improntata alle esportazioni. La scintilla è partita dai giovani, che hanno saputo interpretare correttamente il momento storico dando inizio a un vento di cambiamento che nel 2021 ha portato all’elezione di Gabriel Boric, di Apruebo Dignidad, al ruolo di presidente, in un paese che esprime con forza la volontà di superare il neoliberismo per provare a rialzarsi in piedi.

In Perù le lotte degli studenti fianco a fianco agli agricoltori, ai leader delle comunità indigene, ai lavoratori stanno infiammando il paese da quando Dina Boluarte con un colpo di stato ha destituito il presidente Pedro Castillo e stanno venendo represse con un bagno di sangue da parte dell’apparato poliziesco dello stato. Quale giorno fa proprio gli studenti ha occupato l’università e sono state prontamente sguinzagliate le forze armate, fedeli scagnozzi di un sistema marcescente arrestando quasi duecento persone con brutale violenza.

Questo perché lì dove ci sono giovani ci sono possibilità di cambiamento e non c’è rivoluzione senza una gioventù rivoluzionaria. Le stesse tecniche di repressione e violenza sono presenti anche alle nostre latitudini, in quegli stati che tanto si dicono sulla carta democratici, che non si fanno invece problemi a colpire chi alza la testa.

La repressione però non vincerà, siamo al fianco dell’America Latina e del socialismo cubano che ne è la punta di lancia. Per questo abbiamo la brigata internazionale che a luglio si recherà a Cuba per il settantesimo anniversario dal Día de la Rebeldía. Da sempre in difesa di cuba socialista e contro il genocidio del bloqueo che da più di sessant’anni strangola l’isola, andremo a far tesoro della storia del suo processo rivoluzionario e del vento di cambiamento e progresso che ha unito Nuestra America contro il giogo statunitense. Anche alle nostre latitudini una nuova alba è possibile,

Con Nuestra América e contro i suoi nemici!
Contro l’imperialismo euro-atlantico!
Per il Socialismo del XXI Secolo!