INTERVISTA A MARIELA CASTRO ESPÍN: “Basta sinistra-cappuccino, i diritti si conquistano con l’organizzazione e la lotta”

Negli ultimi anni, e in particolare nel periodo dell’8 marzo o del mese del Pride, le istituzioni più reazionarie e le multinazionali più spietate cercano di rifarsi una legittimità di facciata partecipando a qualche evento o promuovendo qualche gadget color rosa o arcobaleno. Pink-washing e rainbow-washing sono ormai diventati strumentali a legittimare la finta narrazione che solo il sistema capitalistico e in particolare l’Occidente è luogo di libertà ed emancipazione. Nella pratica, però, vediamo quotidianamente come questo sistema economico-sociale sia solo portatore di condizioni di lavoro indegne, instabilità economica, devastazione ambientale, malattie, violenza e guerra. Nemmeno quei pochi diritti civili guadagnati con le lotte degli anni passati vengono tutelati, ma sono continuamente sotto attacco.

Davanti a questo scenario, Cuba ci dà un’ennesima lezione. Il Codice delle Famiglie che è stato approvato lo scorso anno rappresenta un esempio di rilevanza internazionale sui diritti delle donne e sui diritti civili sia nel metodo che nel merito. Avanzamenti che non sarebbero stati possibili se più di 60 anni fa il popolo cubano non si fosse organizzato per fare una rivoluzione e se da allora con costanza e sacrificio, nonostante sia un paese in via di sviluppo e sotto embargo, non avesse portato avanti quel progetto rivoluzionario che pone il benessere collettivo al centro. Cuba sta avendo successo in campi in cui modello capitalista ha fallito, non solo sul piano dei diritti e dell’emancipazione femminile, ma anche su quello della salute pubblica e della produzione di vaccini, come ci hanno dimostrato negli ultimi anni. Questo successo però non è il frutto del caso o di condizioni favorevoli, anzi tutt’altro. Si tratta invece di un risultato legato a scelte politiche guidate dalla convinzione – come riportato nella Nuova Costituzione cubana – che “solo nel socialismo e nel comunismo l’essere umano raggiunge la piena dignità”.

Nell’intero iter dell’approvazione del Codice delle Famiglie un ruolo centrale è stato giocato da Mariela Castro Espín, direttrice del Centro Nazionale di Educazione Sessuale di Cuba (CENESEX), deputata dell’Assemblea nazionale del potere popolare, figlia dei rivoluzionari Raul Castro e Vilma Espín. In questa intervista ci racconta alcune delle tappe principali del processo rivoluzionario cubano in cui le donne hanno giocato sempre un ruolo di protagonismo e avanguardia.

  1. Dal trionfo della Rivoluzione, a Cuba è iniziato uno sviluppo economico e sociale in cui l’uguaglianza, la partecipazione e l’emancipazione delle donne sono centrali, e che ha costituito un progetto, secondo le parole di Fidel Castro, di “una rivoluzione dentro la Rivoluzione”. Un ruolo centrale, tra l’altro, è stato svolto proprio da tua madre, Vilma Espín, sia nel contributo al trionfo che con il suo lavoro svolto dopo il 1° gennaio 1959. Qual si potrebbe dire sia stato il ruolo principale svolto dalle donne in questo percorso?

La prima battaglia è stata quella per l’indipendenza. Cuba aveva ottenuto l’indipendenza dal colonialismo spagnolo nel 1898, ma gli Stati Uniti erano intervenuti militarmente facendo fallire questa indipendenza e facendo iniziare una pseudo-repubblica controllata da loro. C’era frustrazione perché non era compiuto quel progetto rivoluzionario guidato da José Martí e questo è un elemento importante della storia di Cuba. Cuba era come tutta l’America Latina: comandata dagli Stati Uniti. L’ambasciatore americano decideva chi fosse il Presidente dei nostri paesi ed ancora è così in alcuni paesi dell’America Latina. Quando non riescono in questo intento, organizzano un colpo di Stato, come recentemente in Bolivia o in Perù, sempre in alleanza con le aristocrazie dei paesi latino-americani. Per questo motivo quella generazione, soprattutto gli insegnanti che erano tutti di origine povera, trasmetteva un sentire popolare di riprendere il pensiero di José Martí, di Antonio Maceo, di Maximo Gomez e degli altri leader dell’indipendenza. Tanti altri hanno quindi provato a riprendere il percorso di indipendenza, vera, non quella mediata dagli Stati Uniti, e non ci sono riusciti perché venivano ammazzati. Mia madre è parte di questa generazione, come mio padre, loro hanno capito la necessità di Cuba di rendersi indipendente veramente, di continuare una lotta storica che non era finita e si sono sacrificati, come gran parte di quella generazione. Hanno ripreso quello che avevano imparato della lotta contro gli spagnoli e abbiamo avuto la fortuna che Fidel è arrivato come leader di questa sfida della società cubana. Iniziò così un’altra tappa di questo processo di emancipazione, una tappa in cui il popolo è al potere.

È difficilissimo fare il socialismo nella condizione peculiare che ha Cuba, sottoposta costantemente all’ostilità da parte degli Stati Uniti o dell’imperialismo comandato dagli Stati Uniti. Questo rende il processo più complesso, noi dobbiamo difenderci costantemente e creare alternative. Non sapete quant’è difficile. Per fare un esempio, durante il Covid avevamo già i vaccini cubani ma non avevamo le siringhe perché l’impresa da cui Cuba comprava le siringhe era stata comprata dagli Stati Uniti proprio per evitare che ci vendesse siringhe. Avevano fatto lo stesso per evitare che arrivassero a Cuba i respiratori polmonari, che erano fondamentali per la terapia. Quindi ne abbiamo inventato uno e di ottima qualità. Del resto, lo sviluppo scientifico a Cuba è stato sempre centrale. Fidel diceva: “il futuro di Cuba è di uomini di scienza”, uomini in senso di umanità. Grazie a questo noi stiamo sopravvivendo, perché gli USA ostacolano tutto. Però noi continuiamo e resistiamo.

In questo processo, mia madre che era partigiana, prima nella clandestinità della guerriglia urbana poi nella guerriglia nella Sierra Maestra, ed era anche ingegnera chimica (prima o seconda donna ingegnera a Cuba, aveva studiato anche al MIT), riceve l’incarico di aiutare le donne ad organizzarsi. Nel 1959 hanno organizzato un gruppo di donne di tutti i municipi per andare in delegazione al Congresso mondiale delle donne a Santiago di Cile, si è messa poi in contatto con la Federazione democratica internazionale delle donne, con Fanny Edelman del Partito comunista argentino e tante altre persone protagoniste della lotta internazionale delle donne. Si inseriscono nella discussione che c’era allora tra i gruppi femministi rispetto al rapporto con l’uomo e, come organizzazione, decidono di creare un’organizzazione delle donne per facilitare la partecipazione delle donne insieme all’uomo, trasformando la società cubana dentro della Rivoluzione e così trasformarsi tutti insieme. Trasformarsi la donna, trasformarsi l’uomo. Mai la donna nemica dell’uomo o l’uomo nemico della donna. È comunque vero che la donna nell’avere un proprio progetto di trasformazione ha avuto un percorso più organizzato dell’uomo. L’uomo a Cuba è dovuto cambiare anche perché la donna è cambiata. Ad esempio, l’uomo arrivava a casa e non c’era la cena pronta, perché la donna era diventata dirigente politica e non era ancora tornata a casa. La situazione del contesto del cambiamento vertiginoso delle donne ha cambiato la vita degli uomini. Ora stiamo lavorando meglio ad aiutare l’uomo in questo processo di cambiamento, che non è possibile se l’uomo non cambia. Cambiare la realtà della donna implica lavorare pure la problematica degli uomini. Tutti siamo vittime del sistema patriarcale e capitalista che impone ruoli e sfruttamento.

Questo lungo processo ha garantito quei risultati che sembrano incredibili di autonomia e di indipendenza delle donne cubane. Già nel 1965 viene riconosciuto il diritto delle donne di decidere sul proprio corpo e così la mortalità infantile e materna è diminuita tantissimo. A Cuba c’è un altissimo tasso di divorzi e ritengo questo un indicatore di libertà perché le donne sono libere di poter divorziare. Nel parlamento attuale il 53% sono donne, è il secondo parlamento a livello mondiale di presenza femminile dopo il Burkina Faso. Questo mese si torna a votare e c’è la possibilità che questa percentuale salga al 55% e che vengano elette 4 donne trans. Nel 2021 è stato approvato il “Programma nazionale per la promozione delle donne” dove c’è una parte sull’educazione sessuale, una parte sulla protezione della violenza e tante altre cose.

  1. Dopo un lungo processo di discussione e partecipazione popolare, sono state approvate nel 2012 la Nuova Costituzione e nel 2022 il Codice delle Famiglie. Entrambi i testi rappresentano un avanzamento impressionante nella tutela dei diritti delle donne e dei diritti civili in generale. Diritti che nei paesi Occidentali, che si vogliono rappresentare superiori rispetto al resto del mondo, non sono nemmeno pensabili. Secondo te, quali sono gli elementi più innovativi e di avanguardia?

L’esperienza della lotta delle donne ha aiutato a organizzare quella delle persone LGBT+. Infatti, questo progetto per lo sviluppo dei diritti delle donne è stato un riferimento importante per sviluppare l’idea di un progetto simile per altre disuguaglianze, tra cui quelle delle persone LGBT+. La Federazione cubana delle donne già stava lavorando in questa direzione. Per esempio, dal 1979 già si era riconosciuto nel sistema sanitario l’assistenza gratuita alle persone transessuali e nel 1988 già si era fatta la prima chirurgia di cambio di sesso. Come CENESEX abbiamo lavorato per una strategia di integrazione sociale delle persone LGBT+ e nel riconoscimento dei loro diritti. Ovviamente tutto con l’appoggio e l’impulso del Partito comunista cubano, che sono stati fondamentali. Ad oggi, con l’approvazione della nuova Costituzione e del Codice delle Famiglie quei diritti che non erano ancora riconosciuti ora lo sono. Questo è fare rivoluzione.

Il processo guidato dal PCC è iniziato nel 2009 con l’obiettivo di analizzare la nostra politica di sviluppo nelle nuove circostanze che si stavano vivendo. Si è quindi avviato un processo di consultazione popolare nel sindacato, nei posti di lavoro, nei centri studi, nei quartieri, nelle varie organizzazioni. Poi il partito ha lavorato nel ridisegno della politica economica e sociale del paese approvando nel 6° Congresso del partito il documento “Lineamenti della politica economica e sociale del partito e della Rivoluzione” che poi ha guidato i dibattiti successivi. Un esercizio vero e trasparente di democrazia. La nuova Costituzione è poi stata approvata con referendum nel 2019, così come la Costituzione del 1976. Il livello della partecipazione è stato altissimo anche perché a Cuba c’è molta coscienza politica, una delle tante eredità che ci ha lasciato Fidel. In questo modo, si è organizzato il processo di riattualizzazione della politica economica e sociale, arrivando a riconoscere nella nuova Costituzione che Cuba è uno “Stato socialista dei diritti e giustizia sociale”. Nei paesi capitalisti si parla solo di Stato di diritti, però non si parla della giustizia sociale, ovviamente.

Il CENESEX e la Federazione delle donne cubane hanno partecipato a questo processo contribuendo sui temi delle donne e delle persone LGBT+. Prima abbiamo iniziato un lavoro di ascolto delle persone e delle loro problematiche. Poi abbiamo studiato per trovare le categorie scientifiche giuste per analizzare il tema e il riferimento teorico-metodologico per facilitare l’integrazione sociale delle persone LGBT+ e il riconoscimento dei loro diritti di libertà sessuale e di genere. Volevamo pensare non in modo segmentato, ma avendo un’analisi integrale della società. Già nella nuova Costituzione del 2019 i diritti delle persone LGBT+ sono garantiti e c’è una parte dedicata alle famiglie. Quindi, nel diritto costituzionale sono già presenti tutti questi elementi che poi si sono sviluppati in diverse leggi, soprattutto nel nuovo Codice delle Famiglie, approvato 47 anni dopo il primo Codice della famiglia del 1975. Anche questo testo ha avuto un percorso di approvazione interessantissimo, in cui si è perfezionato il processo di consultazione popolare, arrivando fino al referendum il 25 settembre 2022. Il giorno dopo l’approvazione, già si stavano sposando le prime coppie omosessuali. Oggi ci sono più di 600 persone che hanno contratto il matrimonio egualitario.

Il Codice delle Famiglie però non solo ha riconosciuto il matrimonio egualitario, ma anche le unioni consensuali e tutti i tipi di famiglie con una parte dedicata al codice degli affetti riferita ad ogni tipo di vincolo affettivo (nonni, multi-parentalità, anche gli animali domestici). Ha rafforzato i diritti sessuali e riproduttivi per tutte le persone, ad esempio la fecondazione assistita e gratuita non è solo per le coppie eterosessuali. L’adozione è possibile per tutti coloro che hanno possibilità di farlo, indipendentemente dall’orientamento sessuale e di genere. È presente maggiore attenzione alla violenza di genere e intra-familiare con creazione di protocolli di comportamento e formazione professionale sul tema. A Cuba, a differenza di altri paesi, lo Stato non è complice della violenza di genere e fa di tutto per aiutare le donne in queste situazioni. Si è riconosciuta maggiore protezione alle persone con disabilità e maggiori diritti, tutele e autonomia progressiva ai bambini. Ai nonni lavoratori si dà la possibilità di prendere il “congedo dei nonni” per stare vicini ai nipoti fino ad un anno di età. Abbiamo introdotto la gestazione per altri gratuita e altruista con appoggio psicologico e assistenza gratuita da parte dello Stato. Stiamo finendo di scrivere in questi giorni la Legge della salute che integra queste questioni e in cui abbiamo introdotto anche il diritto all’eutanasia.

Alle leggi si stanno accompagnando modifiche nel campo dell’istruzione e campagne di comunicazione per aiutare a diffondere questi valori nella società. Questi sono gli obiettivi che abbiamo raggiunto finora, ma già stiamo lavorando per vedere cosa ancora c’è da fare per fare il socialismo, anzi come dico io per inventare il socialismo perché il socialismo a livello teorico è descritto come un’utopia alla quale dobbiamo arrivare. Noi siamo felici che abbiamo già raggiunto tanta utopia e ora abbiamo nuove utopie da rendere realtà, sempre nella continuità dei principi rivoluzionari.

  1. In questi tempi si cerca di neutralizzare o istituzionalizzare le istanze delle donne concentrandosi su quelle esigenze che sono compatibili con il capitalismo, mentre Cuba ha mostrato nella pratica che ciò non è possibile se non si pensa e lotta per un’altra idea di società nel suo complesso. Quali insegnamenti teorici e pratici potremmo prendere da Cuba socialista?

In realtà per garantire in generale i diritti umani delle persone bisogna fare il socialismo. All’interno del sistema capitalista questo non è possibile. È una fantasia, è un’illusione che ti creano. Ti dicono che ti stanno garantendo i diritti ma non è vero, fanno una piccola riforma, ma niente di più. Quando viene una crisi economica chi paga? Il popolo. Non pagano né le banche né le grandi imprese, loro sono sempre protetti. Del resto, la protezione di una democrazia borghese è sempre a favore della classe borghese e non della classe popolare. Certo, ti danno un certo benessere nel consumo e ciò comporta che la gente diventa molto egoista e, per non perdere questo consumismo, non contesta il sistema capitalista. Ti fanno anche credere che sia possibile diventare ricchi, ma non è così per la stragrande maggioranza.

Guardiamo ora la guerra in Ucraina. Chi sta pagando questa guerra? I popoli. I ricchi no, anzi ci guadagnano. Il gioco è perverso. Stessa cosa hanno fatto prima con Jugoslavia, Iraq, Siria, Libia. Si sono arricchiti tantissimo soprattutto il complesso industriale-militare. Poi fanno lezioni di democrazia, ma loro fanno politica per affari, compromettono la libertà del proprio popolo, la propria sovranità per arrivare ai propri interessi personali. Quindi, quando uno si dedica a lottare per la giustizia sociale sempre entrerà in conflitto con questi interessi che vogliono potere e ricchezza.

Marx lo diceva “la storia dell’umanità è la storia della lotta di classe”. È stato sempre così e continua ad essere così. Non possiamo essere così ingenui da pensare che non è più così, che ora il mondo è in un’altra tappa, in una tappa di civilizzazione. Una civilizzazione in cui vince sempre il più barbaro? Guardate quello che sta succedendo a Juliane Assange, guardate quello che succede ai giovani catalani che vengono arrestati solo per aver scritto una canzone contro il Re. Visto che è così, allora noi dobbiamo continuare ad essere rivoluzionari, radicalissimi. Non basta quella che io chiamo “sinistra cappuccino”, ossia quella che si siede ad un bar a parlare di politica e di sinistra.

Non possiamo lasciare la vittoria a loro, lo so che è difficile, è difficile anche per noi che stiamo dentro un processo rivoluzionario. Eppure, noi stiamo facendo il socialismo, non stiamo giocando alla socialdemocrazia, che non porta niente al popolo. Le cose possono cambiare anche in altri paesi, pure se ci sono tante difficoltà, ma l’organizzazione è la chiave. Se non c’è organizzazione, se non c’è scuola politica, non possiamo comprendere dove dobbiamo andare nella circostanza che stiamo vivendo ora. Il nemico utilizza tutti gli strumenti per segmentare e dividere le lotte popolari (la lotta delle donne, la lotta delle persone LGBT+, la lotta contro il razzismo, la lotta per l’acqua, ecc), mentre la lotta è unica.

Questa è la sfida delle persone più coscienti della società che si devono organizzare per tentare di cambiare le cose. Mai regalarsi al nemico, ma neanche rimanere immobili, fare le cose con intelligenza, farlo bene organizzandosi e difendendosi.