Giovani e migranti uniti nella lotta: il sudore sulla pelle ha lo stesso colore. 28 aprile in piazza!

La questione dei migranti si è nelle ultime settimane imposta al centro non solo del dibattito pubblico del nostro paese, ma anche dell’agenda politica del governo Meloni, che su questo tema si è sempre giocata una partita importante, alimentando un clima tutto ideologico di “invasione straniera” – una lettura assunta anche dalla sinistra nelle ultime esperienze di governo – diffondendo sentimenti razzisti e xenofobi per racimolare consensi e alimentare le divisioni, specie in quelle fasce sociali maggiormente colpite da oltre un decennio di crisi economica.

La strage di Cutro, coi soccorsi negati dalle autorità italiane a poche decine di metri dalla costa calabra, la guerra alle ONG impegnate in missioni di soccorso in mare e, per finire, notizia degli ultimi giorni, lo stato di emergenza dichiarato dal governo su proposta del ministro per la Protezione civile e le Politiche del mare Musumeci a seguito dell’incremento dei flussi migratori nel Mediterraneo, uno strumento che da un lato renderà espulsioni e respingimenti più facili e dall’altro rafforzerà i centro detentivi (CPR), sono qui a dimostrarci il volto più brutale e disumano del governo Meloni e di tutta quella classe politica che si stringe intorno a lei.

Per smantellare questa impalcatura ideologica è necessario chiamare in causa il correlato dell’immigrazione, vale a dire l’emigrazione. Guardando gli ultimi dati disponibili, a gennaio del 2021 l’Italia emigrata contava 5.652.080 unità, all’interno della quale è in continuo aumento la presenza significativa di laureati, che si aggira intorno al 50%, un fattore di novità affianco alla perdurante migrazione di forza lavoro poco qualificata. Le destinazioni prescelte confermano che è in atto un drenaggio verso il centro produttivo dell’Unione Europea, dove, a differenza del nostro paese, a conferma di una divisione del lavoro tra paesi nel processo di ridefinizione delle catene del valore nel mercato macroregionale europeo, gli investimenti in ricerca, sviluppo e alte tecnologie sono massicci. Nel nostro paese, invece, che ricopre un ruolo periferico rispetto al centro produttivo, la richiesta è prevalentemente quella di lavoratori precari, flessibili e poco qualificati, la quale viene largamente assorbita da lavoratori immigrati, la cui forza-lavoro, per la loro condizione, costa meno ed è maggiormente ricattabile.

Questa dinamica di spostamento di masse di forza-lavoro a basso costo è alimentata attraverso il protagonismo del blocco euro-atlantico nella destabilizzazione dei paesi del Nord Africa e del Medio-Oriente, Libia e Siria su tutti, e dalle politiche neocoloniali promosse direttamente dall’UE nell’area del Sahel per il controllo di riserve strategiche di materie prime e terre rare. Per sgomberare il campo da presunte invasioni, basta ricordare che in Italia gli stranieri residenti sono 5.171.894, un numero minori rispetto ai dati circa l’emigrazione giovanile italiana. La dinamica particolare dell’Italia è, dunque, che siamo un Paese in cui una parte della popolazione è costretta a immigrare verso il centro dell’Unione Europea e contemporaneamente un Paese che è primo approdo dell’immigrazione. Da una parte, dunque, i signori d’Europa, attraverso continue destabilizzazioni, conflitti e feroci politiche neocoloniali nei paesi sottosviluppati, favoriscono le migrazioni per i loro bisogni e dall’altra accusano gli immigrati di essere una delle principali cause della crisi occupazionale che investe il continente. Dimostrazione plastica di questo fenomeno sono i recenti accordi tra Tajani, oggi ministro degli Affari esteri per il governo Meloni, ieri Presidente del Parlamento Europeo, dunque esponente di spicco della classe dirigente europea, e la Tunisia per l’arrivo di 4.000 lavoratori tunisini in Italia.

In conclusione, nel quadro attuale, quello dell’ipercompetizione evocata da Ursula von der Leyen e della guerra guerreggiata, le migrazioni sono una conseguenza della competizione globale. Nello specifico del nostro imperialismo, inoltre, registriamo una competizione interna oltre che proiettata verso gli altri poli e questo determina un inscindibile rapporto tra migrazioni extraeuropee e migrazioni interne ai paesi della UE. I lavoratori/merce di ogni paese si ricollocano geograficamente là dove il sistema produttivo ne ha più bisogno, con una composizione assai diversa per quanto riguarda professioni e professionalità nei diversi paesi, composizione determinata dal livello di sviluppo tecnologico e produttivo dei diversi paesi e dall’esigenza di forza-lavoro più o meno qualificata.

Giovani e migranti, dunque, sono uniti da una comunanza di destini, su diversi livelli di sfruttamento: da un lato i lavoratori migranti vanno a costituire un serbatoio di forza-lavoro povera, precaria e altamente ricattabile in un contesto di totale assenza di diritti sociali come conseguenza delle politiche imperialiste del blocco euroatlantico; dall’altro noi giovani generazioni subiamo una guerra di classe dall’alto, imposta dalla classe dirigente europea per affermarsi nella competizione internazionale, che ci condanna o a emigrare forzatamente o a vivere in una perenne crisi di prospettive data dalla precarietà e dall’erosione dei diritti sociali che irrompe nelle nostre vite fin dai banchi di scuola. Saremo sempre al fianco dei profughi e dei lavoratori migranti in lotta, che negli ultimi anni hanno rappresentato la punta di diamante del conflitto di classe di questo paese, come dimostra il settore della logistica, all’interno del quale i lavoratori stranieri, costretti a condizioni di sfruttamento durissime, sono in prima linea nelle lotte all’interno dei magazzini per condizioni lavorative e salariali dignitose. Ricordiamo tra questi Abd El Salam, Adil Belakhdim e Soumaila Sacko delegati del sindacalismo di base, i quali sono stati uccisi dai padroni per la loro attività sindacale, il cui coraggio costituisce per noi un esempio da seguire quotidianamente. Per questo saremo in piazza a Roma il prossimo 28 aprile, come saremo al fianco del proletariato migrante anche in occasione del primo maggio, Senza lasciare nemmeno un centimetro ai tentativi di “blackwashing” del PD trainato da Schlein.

Cambiare Rotta – Organizzazione Giovanile Comunista
OSA – Opposizione Studentesca d’Alternativa