MANOVRA DI BILANCIO: TANTO RUMORE PER NULLA. 4 NOVEMBRE IN PIAZZA!

Il governo ha approvato il disegno di legge per la nuova manovra di bilancio 2024, stimata in 24 miliardi, che verrà ora inviato a Bruxelles per verificare che i compiti a casa siano stati fatti bene e produrre poi il testo definitivo da sottoporre alle camere. Passaggio che sarà tutto formale, non che sia una grande novità, dato anche che lo stesso Salvini ha già garantito che non verrà proposto nessun emendamento.

Che anche il capo della Lega, già ampiamente lanciato a sbraitare nella campagna elettorale per le prossime europee per non perdere ulteriore terreno da Fratelli d’Italia, rinunci anche solo a rappresentare la più minima dialettica all’interno della maggioranza dà la misura di una manovra senza margini di manovra, che si limita ad amministrare il pilota automatico già impresso a livello europeo nell’ultimo anno – o sarebbe meglio dire dai tempi del governo Draghi.

Nel testo troviamo ben poco infatti, oltre all’impatto del tutto parziale su lavoratori e classi popolari della nuova Irpef e del taglio del cuneo fiscale, che ricordiamo va ad aumentare i soldi in busta-paga non a scapito dei profitti, che rimangono invariati, ma dei soldi pubblici, quindi della collettività e indirettamente, si fa per dire, degli stessi lavoratori – lo stesso meccanismo per altro su cui si tiene la proposta farsa di salario minimo messa in campo dalle “opposizioni”.
Il resto sono agevolazioni sparse alle imprese, dagli sgravi per le nuove assunzioni a quelli per il rientro delle produzioni delocalizzate, o bonus tappabuchi, come quello “elettricità”, per continuare a tamponare male e a vista i lati più emergenziali di una crisi senza precedenti a cui anche questo governo non sa e non vuole dare vere risposte.

Palliativi per prendere tempo e limitare i danni di un consenso che va scemando, facendolo in maniera sempre meno credibile se uno dei fiori all’occhiello di questa manovra è la riduzione di pochi euro del canone Rai che, oltre che irrilevante, suona come una vera e propria presa in giro se pensiamo alla qualità misera toccata dal servizio pubblico o alla presenza onnipervasiva della pubblicità.

Ma l’aspetto più tragico riguarda forse i 3 miliardi, in realtà ancora tutti da reperire, indicati per la sanità, ridotta da trent’anni di privatizzazioni selvagge a un tale livello di degrado e inefficienza da costringere il governo a correre ai ripari per provare a garantire, e già non avviene, anche solo i servizi più basilari.

Questa manovra di bilancio in sostanza non è una manovra, ma un insieme di pezze per amministrare l’esistente. E non potrebbe essere altrimenti, al di là del totale appiattimento sugli ordini di Bruxelles da parte di una maggioranza che prima di andare al governo si autoproclamava sovranista, dal momento che gli spazi decisionali degli stati membri dell’UE sono stati via via azzerati dai vincoli europei, su tutti con l’inserimento in costituzione dell’obbligo del pareggio di bilancio approvato “a larghe intese” nel 2012.

Da lì è stato definitivamente tutto in discesa fino all’attuale PNRR che non solo impone quanto spendere, ma direttamente dove e come spendere (nei settori privati strategici alla ristrutturazione in corso a livello continentale), alienando per le istituzioni europee quelle che dovrebbero essere le prerogative di uno stato e dei parlamenti eletti.

PD e accoliti, anche loro già in campagna elettorale con il supporto “di piazza” della CGIL, che ora si agitano contro la manovra sono stati sempre in prima fila nell’ingabbiare il nostro paese dentro questi vincoli, oltre che ad aver operato nel merito sempre e solo nella stessa direzione che segue ora questo governo, pensiamo soltanto alla sanità su cui hanno ora il coraggio di aprire bocca dall’alto di decenni di privatizzazioni attuate a ogni livello istituzionale.

In sintesi, l’Unione Europea ordina, ormai addirittura per altri canali da quella che dovrebbe essere la centralità di una manovra di bilancio, e i governi di turno, quale che ne sia il colore, obbediscono, incrociando dov’è possibile ai diktat europei gli interessi di bottega di padroni e padroncini del nostro paese. E in ultimo è arrivata infatti l’approvazione di Bonomi e Confindustria che rilancia indicando la necessità di aggredire la spesa sociale, come non fosse già l’elemento cardine del pilota automatico UE… ma si può sempre fare meglio e questo governo ha recepito perfettamente il messaggio.

Mentre si spendono soldi nell’invio di armi e nell’aumento delle spese militari, con la partecipazione alla guerra che impatta senza soluzione di continuità sul carovita, continua quindi la gestione avventurista della crisi con l’unica ricetta che consiste nello scaricarne i costi su giovani, lavoratori e classi popolari. Un motivo in più per rafforzare le mobilitazioni autunnali contro il governo, come l’appuntamento del 4 novembre a Roma.