UNIVERSIADI: UN ALTRO SCHIAFFO IN FACCIA AGLI STUDENTI. VOGLIAMO DIRITTI, NON SPECULAZIONE!
È notizia di pochi giorni fa che è stato ultimato il progetto per la candidatura di Torino ad ospitare le Universiadi invernali 2025. Le Universiadi sono un evento sportivo internazionale in cui competono atleti universitari provenienti da tutto il mondo e per questo attraggono sul territorio turisti e cospicui investimenti.
Riuscire ad aggiudicarsi l’evento per l’Italia e in particolare per Torino rappresenta l’ennesimo disperato tentativo della borghesia di riconvertire l’ex-città fabbrica in città universitaria e dei grandi eventi. A maggio uscirà il verdetto, ma intanto per rendere solida la candidatura il governo, le amministrazioni piemontesi e gli atenei si sono subito affrettati a definire il budget di finanziamenti pubblici che dovrà coprire le spese operative e di costruzione delle residenze-villaggi che ospiteranno gli atleti.
Vogliamo denunciare e opporci a questo ennesimo schiaffo in faccia a noi studenti e giovani lavoratori. Mentre in tutti questi mesi di crisi sociale ci sono state concesse solo briciole e miseri bonus assolutamente insufficienti a garantire il diritto allo studio, all’abitare e ad avere una vita dignitosa, per questo grande evento legato al turismo in cui i privati potranno far profitto e speculare in città sono piovuti invece più di 120 milioni di investimenti pubblici: 113milioni dal governo, 5 dalla Regione, 1 dal Comune e 3 da UniTo, PoliTo e Università del Piemonte Orientale.
Cifre ingenti se confrontate con i miseri 4 milioni per le residenze pubbliche che sono stati stanziati nella legge di bilancio PD-5S (la stessa che invece dava 84milioni alle università private); o con il solo milione e mezzo che la Regione Piemonte ha messo per aiutare i fuori sede in difficoltà a pagare l’affitto; o peggio ancora con la retorica del “non ci sono i soldi” dietro cui Edisu ed UniTo si sono nascosti anche durante l’ultima mobilitazione studentesca BastaTasseUnito, pur di non costruire residenze pubbliche, eliminare i criteri di merito, abolire le tasse universitarie o istituire anche solo un semestre bonus.
L’Università di Torino e il rettore Geuna dimostrano ancora una volta che i soldi non ci sono per garantire il diritto allo studio a tutti, ma per tutelare gli interessi privati presenti nelle Universiadi si possono ricavare senza problemi 3 milioni dal bilancio di fine anno. Milioni che, come per le Olimpiadi 2006 e le Universiadi 2007, verranno usati anche per organizzare corsi di formazione che preparino gli “studenti volontari” a lavorare gratuitamente durante le Universiadi per il profitto privato, facendo figurare poi quelle ore di lavoro non pagate come tirocini e stage formativi per la carriera universitaria.
Del resto, quest’estate, nonostante la pandemia abbia fatto esplodere la problematica abitativa, le amministrazioni pubbliche non hanno nemmeno aumentato il fondo morosità incolpevole; e nel decreto milleproroghe sono stati messi consapevolmente dei paletti che lasciano fuori dal blocco degli sfratti fino a giugno i casi di “finita locazione”, cioè di contratto terminato. Paletti che colpiscono in particolare gli studenti, i lavoratori precari e i migranti, ai quali i palazzinari e le agenzie immobiliari affittano esclusivamente con contratti transitori e di brevissima durata (12-18 mesi), proprio per la loro condizione di costante precarietà lavorativa. Un duro attacco al diritto allo studio e all’abitare che ha portato ad aprire l’anno a Torino con il tentativo di sfratto (fallito!) di Totta, una studentessa siciliana precaria, esclusa dalle borse di studio a causa dei criteri di merito e che durante il lockdown si è ritrovata anche senza quei miseri lavoretti a cui tutta la nostra generazione è costretta per campare.
La pioggia di finanziamenti pubblici che governo, amministrazioni piemontesi ed università hanno destinato alle Universiadi dimostra allora ancora una volta che le loro priorità non sono i tantissimi giovani e studenti rimasti senza alcuna fonte di reddito, ma continuare a portare avanti un modello di formazione sempre più escludente e piegato beceramente agli interessi di profitto delle aziende private, finendo così per riprodurre le stesse disuguaglianze presenti nella società.
Per questo non ci dobbiamo far ingannare nemmeno dalle tanto sbandierate residenze dell’Edisu che verranno costruite per ospitare gli atleti e che poi potranno – forse – essere destinate a soddisfare le esigenze degli studenti borsisti.
Innanzitutto, si tratterebbe di sole 5 residenze (di cui una a Novara), per un totale di 1.737 nuovi posti letto, disponibili oltretutto tra diversi anni. È evidente allora che questi studentati non sopperiscono in alcun modo alle necessità attuali degli studenti in gravi difficoltà economica, né alla domanda generale di residenze pubbliche studentesche: solo l’anno scorso in Piemonte sono stati ben 3.500 gli studenti idonei non beneficiari di posto letto Edisu e tra i 100mila iscritti negli atenei di Torino moltissimi altri ancora non hanno potuto nemmeno far domanda di borsa di studio e residenza a causa dei criteri di merito che sbarrano l’accesso nonostante si abbiano gravissime condizioni economiche (sulla strutturalità del problema abitativo a Torino).
Inoltre, quella che viene definita “un’operazione immobiliare per portare gli studenti in periferia” puzza tanto di gentrificazione, speculazione privata, svendita del pubblico e project-financing.
Nonostante lo stanziamento di cospicui fondi pubblici, infatti, mancano ancora diversi milioni per riuscire a coprire la cifra complessiva dell’evento che al momento si aggira sui 136 milioni.
Guardando alla tendenza nazionale e locale degli ultimi trent’anni di avviare commistioni pubblico-private, a metterci la differenza potrebbe essere proprio qualche privato del settore immobiliare, invogliato ad investire grazie alla svendita di quegli edifici pubblici.
Scelti dalle università, gli spazi su cui sorgeranno le quattro residenze torinesi e i relativi villaggi sono l’area del Palavolley in Parella, la Foresteria Lingotto, l’ex ospedale Maria Adelaide in Aurora e la Scuola elementare D’Acquisto in Barriera di Milano: spazi situati proprio in quei quartieri in cui da tempo le mire di profitto di palazzinari ed aziende private si sono imposte con il consenso delle amministrazioni pubbliche, aumentando il carovita, il costo degli affitti e il numero di sfratti, e determinando l’espulsione dal quartiere delle fasce sociali più povere. Tutto fa presupporre che il destino di queste nuove residenze sia proprio quello di essere solo in parte di proprietà di Edisu e gestite per una quota da privati che possono così decidere come vogliono i prezzi delle loro stanze. E così, nonostante il Covid abbia evidenziato l’estrema fragilità del sistema sanitario piemontese, riconvertendo l’ex Ospedale Maria Adelaide in residenze universitarie, la classe politica non vuole solo smantellare definitivamente un ospedale, ma addirittura costruirci al suo posto uno studentato privato.
Una tendenza a svendere il pubblico e ad avviare commistioni pubblico-private che a Torino abbiamo visto concretizzarsi sempre più spesso negli ultimi anni: ad esempio con le residenze Mollino e Codegone vicino al Politecnico (di proprietà dell’Edisu e finanziate per intero o quasi dal pubblico, ma per 24 anni gestite al 40% dalla società Camplus) e con la costruzione della palazzina Aldo Moro (ufficialmente di proprietà di UniTo ma gestita da privati che l’hanno resa un centro commerciale).
Questi esempi mettono in luce un intero modello di sviluppo della città fondato sulla privatizzazione del pubblico e dei diritti sociali che la giunta Appendino, in linea con le precedenti a guida PD, ha continuamente portato avanti.
La stessa cosa è accaduta con le Olimpiadi invernali del 2006 per le quali vennero costruite diverse residenze e villaggi che poi vennero riconvertiti, tra cui la residenza per studenti Borsellino, al cui piano terra si è vista presto l’apertura di diversi negozi e bar, e le palazzine dell’Ex-Moi, che dopo essere state svendute, stanno diventando ora social housing e residenze private gestite sempre dalla Camplus.
La revisione al piano regolatore di Torino presentata dai 5Stelle, in cui viene confermata la costruzione tramite project-financing del Parco della Salute a Lingotto e della Città delle Scienze a Grugliasco ne è un’ulteriore dimostrazione.
Questo modello di città non fa in alcun modo gli interessi dei giovani e della collettività, ma anzi usa gli studenti e le risorse pubbliche per gentrificare e mettere a valore nuovi quartieri per il profitto privato, rendendo Torino ad uso e consumo solo delle classi sociali più ricche.
Un modello in cui gli stessi atenei, a causa delle politiche d’autonomia e dei tagli al fondo di finanziamento ordinario, hanno assunto un ruolo centrale, agendo sul territorio come vere e proprie aziende in grado di attrarre e muovere investimenti (sul ruolo degli atenei nella trasformazione della città).
Per tutti questi motivi come studenti e giovani ci opponiamo allo sperpero di soldi pubblici che governo e istituzioni piemontesi vogliono buttare per questo grande evento che porterà sul territorio maggiori speculazioni, privatizzazioni e sfruttamento, lasciando dietro di sé la consueta scia di cattedrali nel deserto e buchi del bilancio pubblico. Non dimentichiamo che il principale effetto delle olimpiadi invernali 2006 è stato proprio quello di foraggiare appalti mastodontici (sistematicamente gonfiati), con il risultato di portare il Comune di Torino, indebitato per oltre 3 miliardi, sull’orlo del dissesto finanziario
Contro questo modello di formazione e di città che negli ultimi decenni è stato portato avanti dai governi e dalle amministrazioni locali sia di destra che di centrosinistra, ed anche dalle stesse rappresentanze studentesche che sono finite per essere sussunte in quell’orbita di tecnicismo e riformismo, è necessario rimettere al centro un’ipotesi di lotta politica conflittuale.
Noi vogliamo una città in cui il pubblico torni ad avere un ruolo centrale nel garantire davvero a tutti il diritto allo studio e all’abitare, e non il profitto privato.
Vogliamo un modello di formazione che sia libero dalle logiche aziendalistiche che lo portano a riprodurre le stesse disuguaglianze presenti nella società.
Lottare per il diritto allo studio, all’abitare e ad un reddito significa lottare contro il progetto delle Universiadi, significa costruire un’opposizione a questo modello di città che non fa i nostri interessi.