L’elefante che ha paura del topolino: il nuovo decreto sicurezza del Governo Meloni. 24 giugno mobilitazione nazionale per fermarli!

IL NUOVO PACCHETTO SICUREZZA

Il d.l. 1660, più noto come “nuovo D.L. sicurezza”, a firma del triumvirato Piantedosi – Nordio – Crosetto, è in discussione alle camere. Ancora una volta il governo Meloni ha la formula pronta per fronteggiare le emergenze sociali: una nuova stretta repressiva. Se il tema dell’ordine pubblico è stato da sempre agitato dal governo, questo pacchetto sicurezza porta con sé un taglio più duro e un inasprimento rispetto ai precedenti provvedimenti.

Possiamo infatti affermare che il Governo Meloni non si sia poi inventato granchè: il nuovo pacchetto sicurezza è una riedizione ancora più repressiva di precedenti decreti sicurezza da cui prende in prestito struttura e contenuto politico: il binomio sicurezza e immigrazione, la repressione di ogni forma di conflittualità politica e sociale, l’uso del carcere per una maggiore casistica di fenomeni; maggiori tutele e più ampi poteri concessi alle forze di polizia; l’introduzione di ipotesi di reato di maglia molto larga e di difficile comprensione capaci di essere applicate a fatti anche molto diversi tra di loro.

Niente di nuovo sul fronte occidentale, ma con tratti inediti.

Pur essendo lo stesso governo ben consapevole dell’inutilità della risposta repressiva ai problemi sociali – come tra l’altro dichiarato più volte dallo stesso Nordio – sembra che non si trovi altro palliativo: di fronte ad un inasprimento delle condizioni di vita della popolazione e ad una pentola a pressione sociale pronta ad esplodere, non sembrano esserci soluzioni politiche all’orizzonte in grado di risolvere queste situazioni, ma che siano allo stesso tempo compatibili con i vincoli imposti dall’Unione Europea e dalla NATO (vincoli di bilancio, recupero del debito, aumento delle spese militari, ecc.). Del resto i motivi per cui questo governo ha avuto “tanto successo” in Europa sta proprio nella sua encomiabile capacità di fare il cane da guardia. Questo genere di atteggiamento si vede bene come non paghi, in quanto non rappresenta in alcun modo gli interessi delle fasce popolari: la perdita in valori assoluti di 700 mila voti alle scorse elezioni europee per Fratelli d’Italia sta proprio lì a dimostrarlo.

È al contrario un dispositivo securitario che cancella le ultime garanzie ancora rimaste in vita nel nostro sistema penale e  che  accompagna la macelleria sociale a cui da anni assistiamo e che l’attuale governo sta aggravando sempre più: con l’attacco ai diritti dei lavoratori ed al salario sempre più eroso dall’inflazione, le privatizzazioni, i continui tagli alla formazione pubblica, l’aumento delle spese militari a scapito della spesa sociale e del welfare.  La funzione perciò di interventi di questo tipo sta proprio nell’approntare gli strumenti repressivi per stroncare sul nascere  una rabbia sociale che rischia di esplodere, e di cui già ora si scorgono alcune avvisaglie.

Questo intervento è l’ennesima testimonianza dell’infamia di una classe politica che non ha né l’idea né la volontà politica di svincolarsi dalle contraddizioni che si trova a dover gestire, derubricandole a questioni di ordine pubblico, negandone l’esistenza e minacciando con manganello e manette chiunque tenti di evidenziarle. 

Pochi esempi bastano a dimostrare questa tendenza. Dai salvataggi in mare alle proteste ambientali, dagli scioperi alle occupazioni abitative, fino ad arrivare alle condizioni delle periferie:  il governo risponde alle problematiche che si trova di fronte con introduzione di nuovi reati, insaprimento delle pene e maxi operazioni di polizia (a favore di telecamera) nei quartieri popolari.

L’incoerenza e l’arbitrarietà delle nuove voci e degli aumenti di pena scoprono però qual è la vera causa di questo provvedimento: la cura all’olio di ricino e manganello non è il sintomo di un corpo sano, quanto più il segnale di una classe dirigente in crisi nel legittimare politicamente le sue politiche. È quindi più un segnale di debolezza, di crisi irrisolvibile, più che un’affermazione di forza. Volendo usare una metafora, ci sembra che la situazione che abbiamo di fronte sia quella dell’elefante che ha paura del topolino

Per avere un quadro della situazione più chiaro, facciamo quindi un approfondimento sulle disposizioni che saranno introdotte in caso di approvazione del disegno di legge.

  1. NUOVO REATO DI POSSESSO DI DOCUMENTI CHE FACILITANO LA COMMISSIONE DI ATTIVITÀ SOVVERSIVA:

 Il provvedimento nasce con l’intento, dichiarato dal Governo Meloni, di colmare un presunto vuoto normativo per prevenire tutti quegli atti, sabotaggi e forme di conflitto percepiti come eversivi. Questa disposizione  punisce con una pena che va da 2 a 6 anni chiunque detenga, o faccia circolare, in forma sia scritta che orale, testi  riguardanti l’uso di armi o di ogni altra tecnica o metodo  per il compimento di atti di violenza o di sabotaggio di servizi pubblici essenziali, con finalità di terrorismo. Il tutto basato su dinamiche preventive di un eventuale reato che potrebbe essere compiuto. Si tratta del solito provvedimento che reprime ancora prima della commissione del fatto e di una vaghezza tale da poter ricomprendere fattispecie molto diverse tra di loro.

  1. NUOVE NORME SULLA REVOCA DELLA CITTADINANZA:

Aumentano i termini – da 3 a 10 anni – entro cui essa è revocabile da parte del ministro dell’interno, in caso di precedente condanna definitiva per alcuni reati gravi (quali delitti commessi con fini di eversione o terrorismo, ricostituzione di associazioni sovversive, assistenza agli appartenenti a queste e partecipazione a banda armata) aggravando quindi la ricattabilità del soggetto, esposto ad un termine più lungo entro cui può vedersi revocata la cittadinanza. 

  1. INASPRIMENTO DELLE PENE IN CASO DI OCCUPAZIONE DI IMMOBILI: 

Per contrastare l’occupazione arbitraria di immobili viene aggiunto, accanto alla precedente disposizione sulle occupazioni, un nuovo reato volto a punire con la reclusione dai 2 ai 7 anni ( aumento di pena che impedisce l’applicazione delle sanzioni sostitutive al carcere per le pene detentive brevi ) quei soggetti che occupano o detengono un immobile impedendo il rientro in possesso del legittimo proprietario, dell’inquilino o dell’assegnatario, e con loro tutte le persone che si intromettono o cooperano nell’atto stesso. 

Quindi si mira a colpire con pene più aspre sia coloro che si trovano in emergenza abitativa e si trovano costretti ad occupare per avere un tetto sulla testa, sia i membri di tutte quelle organizzazioni che lottano per il diritto alla casa. Inoltre potrebbe essere applicato in maniera estensiva anche alle persone sfrattate che si oppongano al rilascio immediato dell’alloggio in cui vivono e ai picchetti di solidarietà che le supportano. 

La novità non sta solo nell’inasprimento della pena ma anche nella non punibilità per l’occupante che rilascia l’immobile e collabora con la polizia per identificare gli altri occupanti (per l’accertamento dei fatti). Verosimilmente quel che accadrà è che un poliziotto inviterà le famiglie di occupanti (esposte ad una estrema ricattabilità vista la particolare fragilità sociale di chi abita gli immobili occupati) a fare nomi e cognomi di chi ha promosso l’occupazione consegnandoli poi a pene esemplari. 

Inoltre, vengono legalizzate modalità di ordine pubblico sempre più aggressive: le forze dell’ordine potranno  direttamente, senza passare per il giudice,  ordinare l’immediato rilascio dell’immobile ed in caso di rifiuto da parte dell’occupante di eseguire spontaneamente l’ordine di rilascio, potranno procedere con la forza;    questo pur di garantire quello che viene individuato come interesse primario da tutelare, ossia il rientro in possesso della proprietà privata da parte di chi ne è proprietario.

4)  DASPO FERROVIARIO:

Il questore potrà disporre il divieto d’accesso nelle stazioni ferroviarie, metropolitane e nei porti a chi è già stato condannato(basta una condanna in primo grado)  o anche solo denunciato per furto, rapina o altri reati contro il patrimonio o contro la persona commessi nelle aree sopra indicate. È proprio il testo stesso del decreto a dirci quale sia la funzione di questa disposizione: consentire alle forze di polizia di intervenire immediatamente per espellere da queste aree i destinatari del divieto di accesso.

5) IMPEDIMENTO ALLA LIBERA CIRCOLAZIONE SU STRADA:

L’illecito amministrativo che  colpisce coloro che impediscono fisicamente la circolazione stradale viene trasformato in reato ed esteso anche alle ipotesi di circolazione ferroviaria. Viene inoltre inserita un’aggravante nel caso in cui il delitto sia commesso da più persone riunite (come ordinariamente avviene nei blocchi stradali): la pena andrà dai 6 mesi ai 2 anni di reclusione. È quindi chiaro l’intento di inasprire la risposta sanzionatoria per colpire uno strumento particolarmente efficace, come quello del blocco stradale, e da sempre utilizzato come arma di lotta nei conflitti sindacali, sociali ed in difesa dell’ambiente.

 6) RESTRINGIMENTO DELLE TUTELE E INASPRIMENTO DELLE PENE NEI CONFRONTI DELLE MADRI E DELLE DONNE INCINTA:

Gli articoli 12 e 13 vanno a modificare alcune disposizioni del Codice Penale, rendendo facoltativo il rinvio dell’esecuzione della pena per le donne incinta e madri di bambini di età inferiore ad un anno, oggi obbligatorio. Inoltre,  nel caso si ritenesse che il “rinvio” della pena  possa determinare il pericolo di commissione di ulteriori delitti, viene disposto che l’esecuzione della pena « debba » sempre e comunque avvenire presso istituti di custodia. 

Proseguendo con l’articolo 13, viene affrontato il tema dell’accattonaggio attraverso un forte inasprimento delle pene, sia per l’induzione al reato che per l’impiego dei minori fino ai 16 anni (viene previsto l’innalzamento del limite di età, dai 14 ai 16).

7) REPRESSIONE DEL DISSENSO NELLE CARCERI E  NEI CPR:

È evidente come detenuti e  migranti saranno particolarmente e  pesantemente colpiti da questo disegno di legge, infatti agli articoli 18 e  19 si stabilisce il rafforzamento della sicurezza nelle carceri e nelle strutture  di trattenimento e accoglienza tramite l’introduzione di diverse novelle che allargano le ipotesi di reato e  prevedono forti inasprimenti di pena. 

La prima novità prevede che venga punito con reclusione fino a 8 anni il detenuto e  da 1 a 6 anni lo straniero trattenuto in un CPR, in un CIE (centro identificazione ed espulsione) o in un centro di accoglienza per richiedenti protezione, che mediante atti – posti in essere da tre o più persone riunite –  di violenza, minaccia o di resistenza anche passiva all’esecuzione degli ordini impartiti, promuove, organizza o dirige una rivolta. 

È emblematico il fatto che su proposta di questo DL potrebbe venir punita anche la condotta di colui che, in segno di protesta, non eseguisse un ordine emesso dalle autorità del carcere o del centro in cui è detenuto, andando incontro ad una pena spropositata per una condotta di questo tipo  : ancora una volta siamo di fronte alla criminalizzazione  di condotte lievissime,o meglio di non condotte,  come la resistenza passiva.

Viene poi proposta una pena da 1 a 4 anni per chi partecipa alla protesta,  fino a 8 anni se si riscontra l’utilizzo di armi (sia proprie che improprie) e fino 20 anni se durante l’ipotetica rivolta ci siano lesioni personali o mortali dei coinvolti. Questi articoli individuano chiaramente il target da colpire senza nascondere un punto di vista prevenuto e razzista. Si evita ancora una volta di impattare sulle condizioni materiali che determinano il fenomeno, che si tratti di accattonaggio, di rivolte o anche solo di proteste contro le disumane (e disumanizzanti) condizioni di detenzione nelle carceri e nei CPR che sono sotto gli occhi di tutti.

8) RAFFORZAMENTO DELLE TUTELE ALLE FORZE DELL’ ORDINE:

Quando si arriva al capo 3, agli artt. 14 e 15 si affronta la tutela del personale di polizia, delle forze armate e dei vigili del fuoco. Si dispone un aumento di pena di un terzo – rispetto a quello finora in vigore – in caso di violenza, di minaccia e infine di resistenza nei confronti degli agenti di polizia (quindi il rafforzamento della tutela è rivolto solo a loro vantaggio  e non anche a tutti  i pubblici ufficiali) , peraltro escludendo qualsiasi meccanismo di bilanciamento tra circostanze aggravanti ed attenuanti. Così in virtù dell’articolo 15, anche le lesioni lievi o lievissime – magari uno sguardo troppo minaccioso – compiute ai danni di un cosiddetto “operatore della sicurezza” vengono sanzionate allo stesso modo delle lesioni gravi e gravissime. 

9) INASPRIMENTO PENE PER GLI AMBIENTALISTI:

Nelle sezioni finali del provvedimento non poteva certo mancare il consueto panico morale sui reati di deturpamento e imbrattamento contro beni immobili e mezzi di trasporto (sia pubblici che privati), la cui sanzione è più grave se viene colpita una sede istituzionale, per cui si configura la lesione dell’onore del prestigio della sede stessa. Anche qui i destinatari dell’attacco del governo  sono individuabili in modo chiaramente; in questo caso, nelle organizzazioni ambientaliste che sanzionano con vernice e altri materiali i palazzi della politica inerte sulla crisi climatica. Non a caso, infatti, viene inasprita la pena in caso di recidiva, con aumento delle pene fino a tre anni e multa fino a dodicimila euro. Infine, nell’articolo 23 si presta particolare attenzione al potenziamento degli strumenti di controllo sociale giustificato dalla necessità di prevenire il rischio di eversione dell’ordine democratico. Questione decisamente all’ordine del giorno nel nostro Paese. 

Di fronte ad un provvedimento securitario che cerca di soffocare in maniera definitiva qualsivoglia forma di opposizione sociale attraverso prevenzione e manette scegliamo di mobilitarci sotto i palazzi in cui l’iter parlamentare sta prendendo forma. Non basta qualche emendamento per mitigare un disegno di legge così irricevibile e autoritario, il D.L. sicurezza deve essere fermato con ogni mezzo necessario! Per questo motivo aderiamo alla mobilitazione nazionale e saremo presenti alla manifestazione indetta per lunedì 24 giugno alle ore 16 in piazza Montecitorio. Fermiamoli ora!