18 APRILE #StartUpDayInculator // assemblea universitaria con Marta Fana
Retorica startuppara, autoimprenditorialità e precarietà ai tempi delle riforme del lavoro made in UE, fatte di Jobs Act, di Voucher, della fallimentare Garanzia Giovani, della schiavizzante Alternanza Scuola-Lavoro e dell’emigrazione di massa.
Assemblea studentesca in p.zza Verdi, lunedì 18/4, ore 17:00, a cui parteciperanno:
▸ Marta Fana, dottoranda di ricerca in economia presso l’Institut d’etudes politiques di sciences po, a Parigi
▸ attivisti del sindacalismo conflittuale
Sono invitati gli studenti, i lavoratori e le realtà politiche organizzate.
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Lunedì 18 aprile, Start Up Day 2.0: l’Ateneo di Bologna torna a tingersi con i colori di un’operazione ideologica anglosassone tradotta dall’Università Bocconi. Una fiera della retorica sull’autoimprenditorialità
Nel migliore stile renziano, anche l’ospite d’onore annunciato ieri non poteva che essere un nemico dei lavoratori e sostenitore della precarietà, protagonista della logica delle Grandi Opere e dello sfruttamento. Chiuderà infatti la giornata Oscar Farinetti, il patron di Eataly e del nascituro FICO, la Disneyland del cibo in salsa felsinea, progetto speculativo rilanciato proprio la settimana scorsa da tutte le principali istituzioni locali.
Per il secondo anno consecutivo ci chiediamo: è di questo che gli studenti di uno dei paesi con i più alti livelli di disoccupazione giovanile hanno bisogno? È così che si consolida la strada di uscita da un sistema di precarietà e immiserimento generalizzati? O forse qualcuno vuole venderci la formula dell’autoimprenditorialità
Regolamentazione giuridica, escalation militare e imposizione poliziesca non bastano per governare la crisi, anche il nuovo rettore Ubertini ne è consapevole: la precarietà ha bisogno di essere regimentata anche con una massiccia iniezione ideologica. Per smascherarla prorpio nel cuore della zona universitaria bolognese, come studenti indisponibili a partecipare alla Lotteria dell'”1 su 1000 ce le fa” prenderemo parola collettivamente proprio in quella piazza Verdi in cui si realizzerà l’abbraccio tra sistema politico al governo, interessi bancari e “prenditori” alla Farinetti.
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Come abbiamo fatto alcune settimane fa in diverse città italiane di fronte alle ambiguità poste in essere dalla giornata “Per una primavera dell’Università” promossa dalla CRUI, anche in questa occasione tentiamo di porre alcuni interrogativi scomodi a disposizione del dibattito pubblico: quando il 75% delle Start Up fallisce immediatamente e solo il 4% alla lunga sopravvive, può l’ideologia startuppara essere una soluzione? O forse è il sermone in mano a chi vuole santificare la nostra precarietà esistenziale vedendoci affannosamente cercare un paradiso che non c’è in una competizione senza fine?
Pensiamo che le risposte ai nostri problemi stiano in altre soluzioni da praticare collettivamente, dandosi un piano politico alternativo da cui partire e da approfondire.
Come base per la discussione partiamo da alcune constatazioni:
➊ La condizione del LAVORO in Italia:
✘ Tasso di disoccupazione vicino al 12% → con l’inizio del 2016 il saldo fra assunzioni e cessazioni a tempo indeterminato è risultato negativo, a riprova che le nuove assunzioni erano drogate dagli sgravi fiscali e che è impossibile definire “stabile” il lavoro al tempo del contratto a tutele crescenti
✘ Tasso di disoccupazione giovanile vicino al 40%
✘ Nel 2015 altri 100mila italiani sono emigrati all’estero, +12% rispetto al 2014 → Dall’inizio della crisi (2008) l’Italia ha subito un deflusso netto (inteso come differenza di cittadini italiani che si trasferiscono all’estero e che ritornano in Italia) di quasi 150.000 persone, contro i 92mila nuovi residenti stranieri: per il secondo anno consecutivo, sono più gli emigrati degli immigrati
✘ Nel 2015 boom di partenze anche da Bologna, +6,3% rispetto al 2014
✘ Dal 2008 a oggi fallite circa 85mila imprese, più di 650mila posti di lavoro persi, eppure nel 2015 il saldo tra nuove attività imprenditoriali e chiusure è stato di gran lunga positivo: a dimostrazione che aprendo piccole e piccolissime imprese non si migliora il livello occupazionale generale
➋ E il GOVERNO cosa fa?
✘ Cancellazione art. 18 dello Statuto dei Lavoratori, che prevedeva il reintegro del lavoratore in caso di licenziamento senza giustificato motivo
✘ Jobs Act, ovvero la completa liberalizzazione dell’uso dei contratti atipici
✘ Voucher giornalieri senza tutele, il cui utilizzo è passato da meno di 25mila del 2008 a più di un 1milione quattrocentomila quest’anno, grazie all’aumento del tetto al reddito percepibile tramite lavoro accessorio
✘ il fallimentare programma Garanzia Giovani, a fronte di 1milione di giovani iscritti solo 32mila hanno trovato un lavoro vero e proprio
✘ alternanza Scuola-Lavoro, che obbliga gli studenti a centinaia di ore di lavoro gratuito
✘ il Fondo di Finanziamento Ordinario per l’università dal 2014 al 2015 è stato ulteriormente ridotto dal governo in carica. Ma il PD non era un fermo sostenitore dell’istruzione pubblica, laica, aperta a tutti?…
✘ Carta di Udine con cui il PD a ottobre ha confermato le linee guida della futura riforma unviersitaria: minor controllo pubblico sugli Atenei, maggior controllo da parte degli investitori privati, meno risorse per il diritto allo studio, maggior verticalizzazione a favore di quell’ “1 su 1000” che ce la fa
➌ E l’UNIBOh?
✘ Apripista nell’attuazione della Riforma Gelmini, la linea programmatica con cui si è definitivamente dato ordine allo scenario descritto
✘ Subordinazione alle attuali logiche di Guerra (collaborazione con progetti scientifici bellici, polizia nelle aule, saperi critici non ammessi, promozione della competizione tra gli studenti)
✘ Inaugurazione del CDE (Center for digital business education), il primo selettivo centro europeo per la formazione manageriale sul business promosso dall’ultra esclusiva Bologna Business School (fondata da Unibo, Unicredit, Carisbo, Unindustria) e dalla Yoox, azienda nota alle cronache per lo sfruttamento e il licenziamento politico delle sue lavoratrici
✘ Promozione di giornate come lo Start Up Day, in cui si esalta un sistema che risponde ai seguenti dati: il 75% delle start up fallisce e sono lasciate morire. Solo il 4% ottiene un successo, o viene acquisita dalle multinazionali del rispettivo settore