IL 17 NOVEMBRE SCENDIAMO IN PIAZZA
PER UNA NUOVA FORMAZIONE PUBBLICA:
SOLDI ALL’ISTRUZIONE, NON ALLA GUERRA!

Con l’inizio dell’anno scolastico e accademico, come ogni anno, si sono ripresentate le storiche contraddizioni del nostro sistema d’istruzione, aggravate a fronte della generale esasperazione della crisi sociale ed economica. Classi e aule sovraffollate, caro libri, caroaffitti e caro studi dilagante, edilizia scadente, privazione del diritto allo studio dovuta alla grave insufficienza di misure di welfare: scuole e università non hanno più alcuna funzione d’emancipazione, anzi ripropongono al loro interno le disuguaglianze sociali e di classe complessive della nostra società.

“Scuole-gabbia” e “università-azienda” il cui unico fine è la selezione di manodopera in base alle esigenze dell’impresa privata, come dimostrano le ultimissime riforme: quella di Valditara sulla formazione tecnologico-professionale e quella sul reclutamento docenti che introduce il percorso dei 60 CFU per l’abilitazione all’insegnamento.

A sostenere questo disegno sono state negli anni tutte le forze politiche, da destra a sinistra, susseguitesi al Governo, alleate nello snaturare il modello formativo in funzione del profitto privato, della selezione di classe, e della necessità imposta dall’Unione Europea di operare continui tagli sul bilancio della spesa pubblica. Ultima conferma di questa tendenza è proprio la manovra di bilancio del governo Meloni, che promette un altro ciclo di spending review: nuovi tagli alle spese di tutti i ministeri, da cui sicuramente la formazione, accanto a sanità, edilizia pubblica e altri settori fondamentali per garantire i diritti sociali, sarà ancora una volta penalizzata. Un impianto da mantenere e garantire anche tramite l’aumento delle misure di repressione, da un generale restringimento degli spazi di democrazia e dalla criminalizzazione di chi alza la testa all’esempio della riforma di Valditara che tramite il voto di condotta aumenta gli strumenti di ricatto nei confronti degli studenti.

È sempre più evidente dove finiscano i fondi sottratti ai servizi pubblici, alla scuola, alla salute: ad ingrossare le casse dell’industria militare e a finanziare i conflitti di cui il nostro Paese è complice e sempre più spesso protagonista. Soldi all’istruzione, non alla guerra: questa è oggi la rivendicazione che dalle scuole alle università dobbiamo mettere al centro e imporre come priorità.

La stessa guerra, per la quale vengono drenate le risorse pubbliche, sta producendo morte e devastazione in tutto il mondo. Sotto i dettami della NATO, solo nel periodo recente, il nostro Paese ha fomentato la guerra portata avanti in Est-Europa contro la Russia, e ha rafforzato la complicità col regime di occupazione e apartheid israeliano che nell’ultimo mese ha accelerato la sua campagna di genocidio del popolo palestinese.

La stessa guerra fa sì che oggi l’intero sistema formativo sia piegato alle esigenze produttive e occupazionali dell’industria militare, e alla tenuta ideologica di un Occidente sempre più ferocemente guerrafondaio. Dai programmi di PCTO svolti all’interno di basi militari come quella di Sigonella ai master universitari gestiti in collaborazione con la NATO; dalla propaganda militarista, antirussa e filoucraina, sionista e islamofoba, alle partnership con le multinazionali della morte come la Leonardo s.p.a., oggi più che mai i luoghi del sapere si sporcano di sangue e collaborano con un sistema barbaro e disumano.
Mai come oggi, per tutte queste ragioni, è fondamentale scendere in piazza il 17 novembre, in occasione della Giornata internazionale degli studenti. Contro un modello di formazione che contribuisce a relegare noi giovani generazioni nella peggiore crisi di prospettive, “premiando” solo i pochi fortunati e fortunate a cui sono destinati gli stessi posti oggi ricoperti dalle classi dominanti che ci mandano in rovina; contro un’istruzione smantellata, privatizzata e sempre più militarizzata.

In una data come quella del 17 novembre è fondamentale scendere in piazza per rimettere al centro la necessità di una nuova formazione pubblica in una nuova società, per liberarci di tutte le guerre, per imporre che tutti i fondi militari vengano dirottati sulle spese sociali: per casa, studio e reddito, schierandoci senza se e senza ma con la resistenza palestinese.