SOTTO L’ALBERO DI NATALE 17 DENUNCE: COLPEVOLI DI LOTTARE PER IL DIRITTO ALLA CASA!


Campagna repressiva contro studenti delle tende in lotta, attivisti e attiviste del movimento per il diritto all’abitare

Pochi giorni fa ci è giunta notizia della chiusura delle indagini (senza che fosse stata notificata alcuna denuncia) per 17 tra studenti universitari in lotta, attivisti e attiviste del movimento per il diritto all’abitare romano che lo scorso 22 giugno avevano deciso di occupare, insieme ad alcune famiglie in emergenza abitativa, uno stabile abbandonato sulla via Tiburtina a Roma.
La risposta popolare a una condizione di crisi abitativa che peggiora di anno in anno risulta così repressa non solo con lo sgombero avviato subito dopo l’occupazione di giugno, ma anche con una vera e propria persecuzione nei confronti di chi ha osato alzare la testa. Che sia la destra al Governo o il centrosinistra all’amministrazione locale, il volto politico è sempre lo stesso: la repressione di ogni forma di lotta che metta in discussione le basi di questo sistema.

L’occupazione dello stabile, sede abbandonata del vecchio istituto scolastico Sibilla Aleramo, avveniva nel contesto di settimane ininterrotte di protesta, portate avanti in tutte le università d’Italia, da nord a sud, contro il caroaffitti, il carovita e la speculazione privata. Studentesse e studenti, piantando le tende di fronte a una situazione di negazione totale di diritti fondamentali come la casa e lo studio, avevano riportato al centro del dibattito pubblico il tema della crisi abitativa, e strappato ogni velo d’ipocrisia a una classe politica che difende tutta la rendita e il profitto privati e non fa che aggravare le condizioni di vita di giovani e classi popolari. Soprattutto, le tende avevano permesso di saldare sempre di più la lotta studentesca con quella storica del movimento per la casa, incessante in tutta Italia e in particolare in una metropoli in perenne “emergenza” abitativa come Roma, attaccando non solo il governo Meloni ma anche gli ingloriosi predecessori e individuando con chiarezza la classe della rendita, dei costruttori e degli speculatori come il nemico da attaccare.

L’occupazione, quindi, si è inserita appieno nella storica lotta per il diritto all’abitare, più attuale che mai mentre decine di migliaia di famiglie, sul lastrico, sono senza un tetto, aspettano invano l’assegnazione di una casa popolare, subiscono sfratti, sgomberi, pignoramenti; mentre fuorisede, pendolari, o giovani pressati dalla necessità di uscire dal nucleo familiare, subiscono il ricatto degli affitti senza poter usufruire di studentati e edilizia agevolata, e sono costretti mentre studiano a lavorare in condizioni indegne. La Sibilla Aleramo, scuola abbandonata ma in perfette condizioni, in uno dei quadranti di Roma più colpiti dallo smantellamento dei servizi pubblici e da un preoccupante numero giornaliero di sfratti, rappresenta il cuore di una contraddizione gigantesca che riguarda la città e tutto il Paese. Eppure, di fronte alla plateale messa a nudo della condizione invivibile di migliaia di nuclei familiari, la risposta delle istituzioni è stata di totale delegittimazione della protesta, gestita sin da subito come problema di ordine pubblico.

Come tutte le forme di lotta più conflittuali, a causa del restringimento degli spazi di agibilità politica e della stretta repressiva portata avanti negli ultimi anni e proseguita dal governo Meloni, l’occupazione si è scontrata con l’immediato schieramento delle forze dell’ordine in antisommossa, prima ancora che si potesse intavolare un dialogo politico con l’amministrazione. La giunta comunale, che si spaccia per progressista e attenta ai bisogni collettivi, ha dato prova della sua vera natura: mettendosi a disposizione della Prefettura per ottenere il rilascio dell’immobile, e ribadendo l’inammissibilità di nuove occupazioni nella Capitale, ha confermato ancora una volta che il ruolo del Partito Democratico è quello di instaurare mediazioni con i movimenti in lotta solo se prima viene disinnescato qualsiasi accenno di conflittualità. Il Piano Strategico per il Diritto all’Abitare, in questo senso, non rappresenta affatto la “svolta popolare” di un partito che da anni ha voltato le spalle alle fasce meno tutelate; al contrario, rappresenta la forza dei movimenti che tramite un’instancabile mobilitazione hanno strappato all’amministrazione alcune concessioni e miglioramenti, che l’amministrazione stessa è però sempre pronta a mettere in discussione e revocare.

Incapace di affrontare seriamente la crisi abitativa che il Paese vive da decenni, perché inguaribilmente legata agli interessi della rendita e della cementificazione e ai processi di finanziarizzazione del mercato immobiliare, la nostra classe politica, di fronte a un dissenso crescente e a un’opposizione popolare che tanto ingrossa le sue fila quanto più concreti e nefasti si fanno gli effetti delle politiche antipopolari, può rispondere o con soluzioni concertative, o con esplicita criminalizzazione e violenta repressione. Questo ha fatto sì che oltre allo sgombero dello stabile occupato, avvenuto dopo ore di tensione in cui un’enorme folla radunatasi sulla via Tiburtina sosteneva l’occupazione, nonostante la rassicurazione che non ci sarebbero state persecuzioni legali, siano state avviate e presto chiuse le indagini contro 17 compagni e compagne.

Assicurando a giugno il celere avvio di un processo di recupero per la scuola abbandonata, e dichiarando addirittura di riconoscere “l’importanza delle segnalazioni fatte dai movimenti” in lotta, l’amministrazione ha mascherato la mossa repressiva che aveva in serbo. Alle promesse, ovviamente, non ha dato seguito. Allo stesso modo, poche settimane prima del 22 giugno, un’amministrazione altrettanto “progressista” come quella del PD emiliano-romagnolo manganellava e denunciava attiviste e attivisti presenti a un picchetto antisfratto in sostegno di una coppia di anziani che in piena alluvione rischiava di perdere casa; pochi mesi dopo, ad agosto e poi settembre, venivano sgomberate due occupazioni abitative universitarie: ponendo fine con lo sgombero teatrale dello studentato PDM27 a un’esperienza di lotta lunga anni radicata sul territorio di Firenze e, nel secondo caso, contro una nuova occupazione studentesca a Bologna, spaccando la testa a forza di manganellate a un’attivista e impedendole di recarsi in ospedale. Altre ancora, più recenti, anche nel mese di dicembre, come lo studentato di Catania.

Non possiamo chiudere gli occhi, infine, di fronte al nuovo “pacchetto sicurezza” ( https://cambiare-rotta.org/2023/12/03/il-nuovo-pacchetto-sicurezza-un-grottesco-capolavoro-di-panpenalismo-e-autoritarismo/ ) presentato dal Governo lo scorso 17 novembre. La nuova norma passata in Cdm, oltre a inasprimenti di pena e alla creazione di nuove assurde fattispecie, criminalizza ancora più aspramente ogni forma di lotta per l’abitare: aumenta le pene per chi occupa un immobile, prevede la possibilità di misure cautelari oltre che dell’arresto in flagranza, la delega alle forze dell’ordine per intevenire direttamente su sfratti e sgomberi, e addirittura l’ipotesi di pesanti condanne anche per chi, incorrendo in morosità incolpevole, non lasci immediatamente l’alloggio. Al “pacchetto” va aggiunta la recente prova di forza del ministro Salvini, determinato oramai a precettare anche gli scioperi legittimi come quello nazionale indetto dall’Unione Sindacale di Base nel settore dei trasporti il 15 dicembre.
Alla stretta repressiva, che condanniamo senza se e senza ma, non intendiamo cedere di un millimetro. Come studenti, studentesse e militanti per il diritto all’abitare, non faremo un passo indietro. È anzi oggi più che mai necessario fare un salto di qualità nella critica e nello scontro con un governo e un’opposizione sempre più lontani dal prendere in carico le priorità delle classi popolari.

Per la reintroduzione e l’estensione di un reddito per le fasce più colpite dalla crisi e impoverite, per un nuovo piano di edilizia residenziale pubblica e investimenti su studentati e alloggi per giovani, per la difesa di un diritto allo studio sempre più spesso negato. Per un taglio delle spese militari che permetta di dirottare le risorse in favore della spesa sociale. Contro l’invio di armi nei teatri di guerra, prorogato per l’Ucraina a tutto il 2024 dal CdM, che contribuisce anche al martirio del popolo palestinese e di tutti i popoli falcidiati delle armi occidentali, mentre i costi economici delle tensioni internazionali vengono scaricati sulle nostre spalle: lo dimostrano la fine del “mercato tutelato” (cioè, dei bonus energia che hanno sostenuto fino ad oggi milioni di famiglie), il ritorno all’austerity con la nuova manovra finanziaria, e i nuovi, criminali, vincoli di bilancio dell’UE.

Rilanciamo nel mese gennaio la volontà di incontrarci di persona, come emerso negli ultimi appuntamenti generali, per costruire e organizzare insieme le lotte per il diritto all’abitare.