Contro l’ipocrisia di chi alimenta il furto di cervelli: Noi Restiamo

Oggi in tutta Italia la CRUI (Conferenza dei Rettori delle Università Italiane) “ha chiamato a raccolta gli atenei per lanciare un allarme sul rischio di perdita di competitività internazionale”. Gli 80 atenei aderenti alla Conferenza dei Rettori hanno messo in evidenza 10 punti per inaugurare una Nuova Primavera delle Università, chiamando però come interlocutori in tutta Italia membri dell’attuale governo.
Quello stesso governo che si fa promotore di un modello educativo di stampo anglosassone, che infligge politiche di austerità ma che allo stesso tempo aumenta le spese militari.
Troviamo quindi ipocrita discutere di Università con lo stesso governo che progetta lo smantellamento di un’università pubblica per tutti.
Per questo motivo come Campagna Noi Restiamo oggi siamo stati presenti, a Roma, Torino e Bologna nei luoghi dell’iniziativa per portare il nostro punto di vista con azioni comunicative.
Anche il sindacato Usb si è espresso oggi in modo critico con un comunicato che riportiamo:
http://universita.usb.it/index.php?id=20&tx_ttnews[tt_news]=87726&cHash=b9aeaecda1&MP=63-217

Questo il testo del nostro volantino:

“Contro l’ipocrisia di chi alimenta il furto dei cervelli: Noi Restiamo!”
La situazione della ricerca e, più in generale, dell’Università italiana è tragica. Già prima della crisi l’Italia era il fanalino di coda dei paesi a capitalismo avanzato da qualsiasi punto di vista. Il paese europeo col minor numero di laureati (17%), tra quelli che spendono meno per l’istruzione (meno di un terzo rispetto a Francia e Germania), nella fascia più bassa nel garantire il diritto allo studio (meno del 10% degli studenti riceve una qualche forma di supporto). Con l’avvento dell’Austerità poi la situazione è decisamente peggiorata: Il Fondo di Finanziamento Ordinario per l’università è stato tagliato nel 2009 di quasi un miliardo, e nessuno tra i governi che si sono susseguiti ha fatto niente per correggere adeguatamente la situazione. Anzi, dal 2014 al 2015 il fondo è stato ulteriormente ridotto dal governo in carica, molti esponenti del quale interverranno nelle iniziative di oggi in giro per l’Italia. Come conseguenza di tutto ciò, il numero di giovani che ogni anno lascia l’Italia per andare a studiare o fare ricerca all’estero è esploso.
Ma se le motivazioni sulla base delle quali sono state chiamate le iniziative della CRUI in Italia sono reali, quali sono le prospettive che vengono proposte?
La direzione in cui l’università italiana sta andando è chiara. Il modello del mondo dell’istruzione e della ricerca portato avanti da tutti i governi degli ultimi anni prevede:
Una divisione tra università di serie A e università di serie B, come esplicitamente dichiarato da Renzi al Politecnico di Torino solo il mese scorso. Una conseguenza della controriforma Gelmini, che mascherandosi dietro il velo del “merito” ha provocato una concentrazione di fondi nelle mani di poche università, in gran parte del Nord Italia.
Una riduzione del finanziamento della ricerca pubblico a favore di quello privato. Questo appare evidente quando si considera che ormai soltanto il 51% delle entrate del CNR provengono dal Fondo di finanziamento ordinario del MIUR, una quota costantemente in calo negli ultimi anni.
Un’Università “fuori dal perimetro della pubblica amministrazione”, come dichiarato sempre da Renzi questo autunno alla Ca’ Foscari.
Insomma, il modello proposto è quello anglosassone confermato dalla cosidetta “Carta di Udine” stilata dal PD lo scorso ottobre: poche università di eccellenza, finanziamenti privati e diritto allo studio garantito soltanto all’”eccellenza”, con altissime tasse per tutti gli altri (ricordiamo che in Inghilterra la tassa media annuale è sopra i 10.000 euro), che lasciano gli studenti indebitati a vita. Un modello che ben si sposa con la costruzione di un’Unione Europea dove i paesi mediterranei sono relegati al ruolo di “colonia interna”, fonte di forza lavoro poco qualificata, salvo le poche eccezioni chiamate ad entrare nella classe dirigente europea.
Riteniamo quindi un’ipocrisia discutere di Università e ricerca con lo stesso governo (o membri dei partiti al governo) che progetta il completo smantellamento di un’idea di Università pubblica per tutti.